4 settembre 2006

Viaggio in Altaj - Il museo etnografico di Čemal


Il museo si compone di tre costruzioni tradizionali di legno, costituite ognuna da un prisma esagonale di base, alto circa un metro e mezzo, con una copertura a forma di piramide esagonale (l'altezza di ogni costruzione dipende dalle dimensioni del suo prisma, essendo l'angolo d'inclinazione delle piramidi più o meno costante). Le costruzioni ricordano la forma di una jurta, probabilmente ne sono la versione stanziale. Le sei pareti richiamano i sei stadi dell'anima, ci dice il curatore, minuto e vispo nonnetto di settantacinque anni, decano del suo clan.
Nella prima jurta, addobbata con antiche tavole cosmologiche e vecchie foto di uomini e donne dell'Altaj, il curatore ci illustra la religione del suo popolo che, come per le altre religioni sciamaniche siberiane (come quella degli Šorci della tajga di Taštagol, che ho visitato l'anno scorso), è fortemente ancorata alla magia e non già complicata in rituali (tracce taoiste e buddiste affiorano in simboli e concetti): esiste un solo dio, la Natura; la superficie terrestre è la zona dove s'incontrano l'energia bianca e buona del Cielo e l'energia nera e cattiva della Terra. Dall'incontro delle due energie si generano divinità secondarie, sia animali, sia vegetali. Nell'uomo convivono entrambe le energie. Il peccato (da intendersi come qualunque azione contro l'ordine della Natura) accumula energia nera nell'uomo che non può essere in alcun modo rimossa, e quando l'uomo è colmo di energia nera muore. Anche uccidere un animale è considerato peccato e il cacciatore deve compensare l'uccisione con la richiesta del permesso di cacciare al dio e un'offerta riparatrice.  Non esistono culti, né preghiere, ma in determinati periodi dell'anno gli uomini si riuniscono nei boschi e celebrano i loro riti.
Integro con qualche ricordo dalla visita al museo etnografico di Taštagol: le funzioni di medium tra il mondo divino e quello umano erano assolte dallo sciamano, che era un individuo segnato dal dio (poteva essere anche una donna). Lo sciamano era caratterizzato dal mantello, cui erano legati dei nastri, e da un grande tamburo. Gli sciamani vivevano isolati e godevano di costumi molto liberi. In Siberia esistono dei centri sciamanici sorti dopo il collasso dell'Unione Sovietica, che recuperano e ripropongono la religione tradizionale (il giornalista inglese Colin Thubron ne ha visitato uno nel 1993 e lo ha descritto nel suo In Siberia).
Gli Altaici, divisi storicamente in circa 80 clan, considerano la loro contrada il centro del mondo, perchè equidistante da ogni mare e perchè tutti i maggiori fiumi nascono intorno alle valli dell'Altaj.
Nella seconda jurta il vecchietto ci descrive la vita quotidiana nella tradizione altaica. Quando un uomo e una donna si sposano, per loro viene eretta una jurta, che viene smantellata quando muore l'ultimo coniuge. La jurta ha una pavimentazione di legno coperta con pelli; la parte centrale è occupata dal focolare, la parte sinistra è riservata all'uomo (vi si trovano il fucile, la pipa e altri attrezzi) e quella destra alla donna (c'è il letto e del mobilio per le stoviglie). La parte destra è il regno della donna e l'uomo può accedervi solo su invito della donna. L'energia negativa percorre la jurta in senso orario e va lasciata entrare e uscire o bruciare nel fuoco. Il vecchietto ci mostra un manufatto trovato da archeologi francesi sulla cima della Beluha, montagna sacra e massima vetta dell'Altaj, un intrico di bacchette (di stagno, credo), saldate tra di loro a formare stelle a cinque punte incastrate l'una nell'altra.
La terza jurta, la maggiore, ospita una raccolta di materiale bibliografico e iconografico, monumento della cultura altaica (registrata soprattutto da due Russi, di cui non ho avuto possibilità di appuntarmi i nomi). Secondo la teoria illustrata dal vecchio, l'umanità è nata nel Tibet e da lì si è diffusa attraverso tre o quattro diramazioni principali in tutto il mondo: l'Altaj è la prima grande tappa di quella migrazione che ha popolato prima la Siberia, poi si è spinta fino in Scandinavia e da lì si è diffusa in tutte le Americhe (noi Europei apparterremmo al filone che è sceso in India e poi è arrivato in Europa attraverso il Caucaso e l'Anatolia). Il vecchietto è orgoglioso di appartenere alla sua razza. Uso la parola razza perchè il vecchietto poco dopo si avventura in un elogio di Hitler che, sopprimendo gli infanti deformi e malati, contribuiva alla sana conservazione della razza.
Questa è proprio l'ultima cosa che mi aspettavo di udire dal vecchietto.