30 maggio 2008

Curry cappuccino

Una delle peculiaritá di essere Italiano in Finlandia, a parte essere considerato a priori (cioé indipendentemente da quale sia la tua effettiva condotta) un rimorchione modaiolo (1), mafioso (2) e spaghettaro, é quella di essere ritenuto (sempre a priori) un'autoritá sul caffé.
Mentre i Finlandesi s'inacidiscono e s'irrigidiscono se tu domandi cortesemente quale sia la differenza tra un mobile prodotto in Finalndia ed uno in Estonia (visto che questi ultimi costano circa la metá, ma i Finlandesi preferiscono comprare i mobili nazionali), mentre i Finlandesi ti deridono se tu domandi cortesemente perché comprano frutta e verdura coltivate in serre nazionali e non comprano frutta e verdura importate dall'estero (che costano circa tre volte meno), mentre i Finlandesi sotto sotto s'incazzano se osi cortesemente criticare il makkara (il salsicciotto nazionale che contiene fino al 40% di carne), ti danno invece gravemente ragione se ti lamenti del loro caffé. E farsi dare ragione dai Finlandesi ce ne vuole, visto che detengono il miglior stile di vita del mondo e hanno saggezza da vendere. Ultimamente se la smargiassano affermando che i pizzettari finlandesi fanno la pizza meglio di quelli italiani, stando ad un articolo dell'autorevole settimanale Helsinki Times. Del resto, da buon Romano, di farmi dare ragione me ne strafrego, visto che a Roma la ragione é degli stronzi.
Dicevo, i Finlandesi non fiatano e ti danno pure ragione se dici che il loro caffé é una ciofega. Ma questo solo perché sei Italiano e perché il caffé Italiano é (reputato) il migliore in assoluto.
Tutte queste parole solo per dire che la mattina in ufficio qualche volta mi faccio il cappuccino. Il caffé lo preparo con la moka e l'unica maniera per scaldare il latte é usare il micro-onde, lo stesso che gli Indiani usano per scaldare le loro pietanze al curry, il cui aroma s'é intronato come un marajá all'interno del micro-onde. Aroma che passa immancabilmente al latte e alla fine il mio cappuccino ha un poco invidiabile retrogusto di curry.
NOTE
(1) L'indigena ignavia in fatto di moda non permette di distinguere chiaramente la differenza tra un coatto/tamarro e un uomo di gusto, per cui l'Italiano é a priori "homo elegans" (e questo alla facciaccia di tutti gli altri Europei; purtroppo noi Italiani spesso ci fermiamo alle apparenze, peró).
(2) In Finlandia se non sei niveo di carnagione e hai una felpa con cappuccio, sei automaticamente considerato uno spacciatore; se non sei niveo di carnagione e vesti un gessato, sei automaticamente un mafioso.

28 maggio 2008

I miei nuovi colleghi - 2

C'é anche un Keniota, avevo dimenticato. É l'unico che in ufficio vesta giacca e cravatta (sebbene di pessimo gusto). Molto cordiale e sempre sorridente, qualche giorno fa mi ha cortesemente chiesto come mai l'Italia avesse scelto ancora una volta "Borusconi" e io gli ho garbatamente risposto che l'alternativa ("Boródi", come avrebbe detto lui) era peggio, ma molto peggio.
Vantiamo ben quattro donne, volendo anche cinque, perché una conta per due; anzi, quattro e mezzo, perché una conta per mezza.
Quella che conta per due é la nostra contabile; Finlandese, sa tutto di tutti, casinara, mangia continuamente, odora di crema idratante.
Quella che conta per mezza é la nostra segretaria: Finlandese anche lei, giovanissima, minuta, efficiente (mi ha prenotato un volo alla velocitá della luce; manda almeno cinque email collettive al giorno con pillole informative).
Abbiamo poi una Rumena tutta risatine e frasi di circostanza (vive in simbiosi con i due Finlandesi con cui condivide la stanza) e una mezzosangue di mezz'etá, padre finlandese e madre russa. La mezzosangue mi é gradita perché posso esercitare con lei il Russo; usa in quantitá industriali un profumo terribilmente sdolcinato.
Nel mare magnum degli indigeni abbonda l'inconsistenza. Porto l'esempio di uno spilungone che passa da queste parti solo per andare ad infestare il cesso: rapido e agile come un bradipo, frizzante come una bottiglia di spumante aperta da una settimana.
Nel frattempo er Ciáina ha dismesso i suoi propositi sanremeschi. Quando lo incrocio per il corridoio abbassa gli occhi (come la maggior parte degli indigeni). Lo sento di tanto in tanto argomentare con arrogante presupponenza con i miei mansueti Indiani.

23 maggio 2008

Tortura

Er Ciáina ha smesso di torturare "Woman in love" e da un po' ha cominciato a seviziare "The sound of silence" (stiamo a metá tra la nenia sconsolata di un condannato a morte un'ora prima dell'esecuzione e il delirio da assenzio di un castrato del primo Ottocento). Ma Amnesty International non interviene?
Sono andato dar Ciáina a chiedergli se per caso si stesse esercitando per il prossimo venturo Eurovision Contest e lui ha avuto l'arguzia di rispondermi che no, che si sta preparando per American Idol, ma non ha colto il mio garbato accenno a smettere di guairla come un cane innamorato.
Piú tardi si é anche provato di intrattenere con me uno small talk cominciando la conversazione con la sconvolgente domanda: ma tu fai la spesa nel w/e o tutti i giorni? Conversazione che ho cercato in tutti i modi di freddare esprimendomi solo a monosillabi. Ma er Ciáina non mollava e faceva il simpatico dicendomi che la mia é una stanza da donna perché c'é una pianta. Ho colto un attimo di silenzio per dirgli grazie della chiacchierata, ma non riuscivo a schiodarmelo dai gioielli di famiglia. Alla fine, dopo aver lasciato un po' di ditate sulle mie mappe della Russia, se n'é tornato nella sua stanza ad abusare di "The sound of silence".

22 maggio 2008

Aggiornamento

Uno dei miei nuovi colleghi finlandesi é il cugino (deperito) di Babbo Natale. Ha un'aria piú da nonno che da zio, ha la barba bianca, veste sempre camicie da boscaiolo e last but not least porta sempre le bretelle. Se si vestisse di rosso (e avesse qualche chiletto di piú), sarebbe paro paro Babbo Natale (anzi, Santa Klaus, visto che siamo in Finlandia).
Il Cinese, al quale d'ora in poi mi riferiró come "er Ciáina", é da stamattina che lo sento canticchiare "Woman in love" (canticchiare é una parola grossa; sembra quasi un'Ape Piaggio scassata che s'inerpica per le viuzze di uno di quei paesini arroccati su ripide colline del centro Italia). Probabilmente er Ciáina medita di far colpo in un karaoke bar (qui popolarissimi) sull'altera e sofisticata bellezza dietro la quale sbava da anni; oppure non ha ben chiara ancora la sua identitá sessuale.
Adesso il canto é stato sostituito da un mugolio/rantolo a metá tra una zanzara morente e la ventola di un condizionatore.

21 maggio 2008

I miei nuovi colleghi - 1

E' passato poco più di un mese da quando ho cominciato il nuovo lavoro. Tra le altre cose, mi sono studiato un po' i nuovi colleghi.
La compagnia vanta un'internazionalità che non aveva quella che ho appena lasciato. Abbiamo due Coreani, un Cinese, un Canadese e vari Indiani (selezionati dal branch di Mumbai). Non contando il gran figo italiano appena giunto. L'elemento indigeno rappresenta il 70% circa.
I Coreani sono due studenti di ingegneria meccanica, che mischiano studio e lavoro. Hanno per mito un mio ex collega (un Russo-Finlandese-Francese di madre lingua con moglie coreana). L'ex collega sarà pure un genio della Meccanica del continuo, ma per qualche oscura ragione odia gli Italiani (ed é pure comunista) e mi sta(va) parecchio sulla punta del cosiddetto. Con bel garbo italiano (cosa del tutto sconosciuta all'ex collega), non ho minimamente smontato il mito ai Coreani (del resto sono giovani, un giorno capiranno).
Il Cinese è un essere sfigatissimo. Di quelli pigri, ignoranti, ma presuntuosi e invidiosi. Un collega canadese di solito gli dà ripetizioni di un certo programma e mi diverte come costui pronuncia la parola DRAWING, cioè come "giòin", ma tutta di naso e la ripete spessissimo, fino alla nausea.
Il Canadese è grande e grosso e ha un'aria un po' stolida molto nordamericana.
Per gli Indiani ho un'innata simpatia. I nostri indiani sono molto riservati. Con uno ho parlato un po': vive vicino l'ufficio e va a pranzo a casa; è diventato padre da pochi mesi.
Ma il collega che finora ha soggiogato la mia immaginazione è un Finlandese che in ufficio porta dei vecchissimi zoccoli neri.
Provate a sentire il suono di quegli zoccoli strascicati lungo il corridoio. Se siete cinefili di serie A, vi ricorderete del monologo morettiano sulle calzature alla fine di "Bianca"; se di serie B, vi ricorderete degli zoccoli del coatto Enzo de "Un sacco bello". A me ricordano il passo dei bagnini sui quadrotti di cemento in spiaggia. Mi tornano ogni volta in mente il caldo, la sabbia bollente, i pranzi casarecci nella veranda dello stabilimento tutti ombra, brezza e tovaglie di carta, i pomeriggi passati a giocare a bigliardino (a "biardìno"), i morettoni o i peroncini scolati e le sigarette sturate dopo la giornata in spiaggia (ma questo quando ero già cresciuto e prima di smettere di fumare) e la salsedine, lo iodio, l'odore di pesce fritto e limone, le creme solari, le parole crociate sotto l'ombrellone. Ricordi d'ozio sul litorale romano e di lavoro su quello termolese. Ricordi che mi sembrano lontani più nel tempo, che nello spazio.
Di una dolcezza struggente perchè irraggiungibili.
Ma non ho voglia di fermarmi a ricordare. Voglio fare e costruire ed esplorare ancora.

5 maggio 2008

Appunti dal viaggio a Berlino - Disegni

Ho tenuto la mano in esercizio (non che io sia un gran disegnatore, per carità).
Ecco un edificio che mi è molto caro, la Filarmonica di Scharoun (vista dall'entrata dell'Istituto di cultura latino-americano).

philharmonie
Una sera sono uscito con l'ex di un'amica di L. L'ex è ridotto uno straccio (a dir poco) e quella sera si son fatti discorsi da uomini con fiumi di birra. Arrivati alla foce, io me ne sono torntato a casa in taxi (intrattenendomi in conversari con l'autista pakistano nel mio più bel Tedesco di sempre) e l'ex a fette, ma è stato sequetrato ben presto da una prostituta che, in mancanza di clientela o di voglia di lavorare, gli ha raccontato la storia della sua vita e dettagli scabrosi della professione (non so cosa darei per ascoltare dal vivo queste persone vissute). A casa ero troppo marcio per dormire e mi sono fatto un bel caffè; arrivata l'alba mi sono messo alla finestra a disegnare la vista (e poi sono andato a scuola di Tedesco, fresco come una rosa).

cortile a Eylauerstr.
L'ultimo disegno è una vista di Potsdamer Platz dall'ingresso del Kulturforum. Era una giornata fredda e piovosa e io mi sono messo sotto la tettoia all'entrata, rifugio per i fumatori. Il disegno è incompleto e grezzo perchè il freddo mi induriva la mano.

potsdamer_platz_dalla gemaeldegalerie_9-4-08_edited

4 maggio 2008

Appunti dal viaggio a Berlino - Visita alla Gemäldegalerie (da sbronzo), 10 Aprile

Primitivi fiamminghi. Davanti a me il medioevo di Huizinga si confonde con le teorie della Alpers.
Rubens. Bello, italiano, sensuale, potente. Occhioni languidi e tante tette al vento. Santa Cecila e Andromeda: belle giovanottone in carne (nella minuscola Andromeda rembrandtiana all’Aia c’è pudore, fragilità). San Sebastiano: tema difficile per un pittore eterosessuale.
Baburen, van Hontorst e gli altri caravaggeschi. Anche loro sensuali, ma più allusivi: Bagliori di carne nell’oscurità, non sotto il cocente sole romano.
Franz Hals. Fresco, istantaneo, tratto vigoroso, deciso, mai lezioso. Lumeggiature essenziali.
Bella scena invernale di Philips Wouwerman. Pare una miniatura smaltata a petto del vigore romantico di Jacob van Ruisdael (nei suoi paesaggi orizzonte molto basso, le nuvole hanno un non so che di enigmatico, di magrittiano).
Rembrandt. Nella sua Susanna (come nell’Andromeda) assistiamo ad una violenza, siamo noi che la commettiamo con i nostri sguardi.
Come conati di vomito mi torna su lo Schama. Pagina per pagina. Non ha più senso prendere appunti: mi parrebbe di scrivere sotto dettatura.
Quel gorilla insensibile del custode mi ha chiesto di allontanarmi dal Vecchio con elmo dorato: ero rimasto imprigionato dai filamentosi ghirigori di colore gocciolato sulla tavola di cui sono fatte le decorazioni dell’elmo (e la luce che vi sbatte contro).

Vecchio con eldo dorato

Voglio cadere in ginocchio e piangere di fronte a Rembrandt. Mi vergogno di guardare i suoi quadri.
Bellezza indecifrabile e abbacinante.
Jan J. van Uyl. La mia natura morta ideale: malinconia e liquido languore.
GIOIA
Vedere capire comunicare.
Non ho più bisogno di guardare i quadri. Essere già qui è stupendo.
ESSERE
Io essere affezione
Pienezza e libertà.
Sopra di me una volta a padiglione: un reticolato verdeghiaccio in una luminosa curva cornice bianca.

3 maggio 2008

Appunti dal viaggio a Berlino - Visita alla Neue Nationalgalerie, 8 Aprile

La collezione di espressionisti tedeschi della Neue Nationalgalerie è fantastica (tra quelle che ho visitato, se la gioca con la Neue Pinakothek di Monaco). In queste sale è maturato il mio amore per Emil Nolde.
Di Nolde mi ha incantato questo Cristo e l’adultera (che fa parte di un ciclo biblico).

Cristo e l

Oggi ho scoperto altri artisti.

Max Pechstein: Sitzender weiblicher Akt

ragazza seduta


Vivide macchie di colore intorno a questa ragazzotta nuda (con un gran bel culo e pochi rovelli morali) che pare chiederti: embè? che volemo fà?

Otto Dix: Fiandre

Fiandre

Paesaggio di devastazione bellica, di macerie umane (fisiche e morali). Otto Dix rappresenta la realtà impressa nei suoi occhi di reduce.

Ludwig Meidner: Rivoluzione
rivoluzione Ho visto questa Rivoluzione subito dopo le Fiandre di Otto Dix e non regge il confronto: c’è più affettazione che sangue, più idealizzazione che realtà. Il dipinto è del 1913: la guerra e poi la rivoluzione russa superanno questa rivoluzione fatta di slogan urlati, di bandiere al vento. Dietro la Rivoluzione Meidner ha dipinto un tiepido (e manierato, mi verrebbe da dire) paesaggio di devastazione apocalittica.

2 maggio 2008

Appunti dal viaggio a Berlino - I miei nuovi amici, 10 Aprile

E’ sempre alla fine del soggiorno che si conoscono le persone più interessanti (mi sto scolando un Manhattan da Billy Wilder’s a Potsdamer Platz). Mi riferisco a M (l’insegnante di Tedesco del livello inferiore al mio) e ad A, studente americano di M.
M viene da un paesello del Baden-Württemberg, 32 anni, single, minuta, tranquilla. Vive da 10 anni a Berlino e pensa che siano abbastanza. A 32 anni, sola e con un lavoro (insegnante di Tedesco in una scuola privata) che non ti dà la sicurezza economica che ti permette di possedere qualcosa di veramente tuo, pensa che sia venuto il momento di cambiare aria e tentare da qualche altra parte. Come darle torto?
Non lo dice, ma si capisce che le pesa la solitudine. Mi stupisce che non abbia qualcuno: è carina, socievole, semplice.
A, invece, viene da New York, ha 36 anni ed è pittore. Molto socievole anche lui. E semplice.
Ha un passato di abuso di alcool e droghe pesanti (è ancora sotto farmaci). Viene il dubbio che abbia deciso di trasferirsi a Berlino per lasciarsi alle spalle la vecchia vita.
L’unico vizio rimastogli è il fumo. Anche M fuma.
A è un artista, voglio dire che in lui è tutto istinto ed espressione.
Sono sicuro che lui piaccia a M, ma non è certo il tipo che può darle la sicurezza di cui ha bisogno; inoltre M mi pare abbastanza navigata da non perdere la testa per il primo pittore dal passato oscuro che ti piomba davanti.
Sono pronto a scommettere, però, che prima o poi qualcosa tra i due accada. Sembrano un po’ rincorrersi. Forse il senso materno di M potrebbe prendere il sopravvento (A pare proprio uno di quegli uomini che ispirano nelle donne il senso materno).

Questo Manhattan è ottimo: il borboun si scioglie in un retrogusto d’agrume che s’infiltra per capillarità nel cervello, rigando di liane di soffice stanchezza la ruvida scorza del mio stato di veglia.
Cazzo, comincia ora l’happy hour. Mi sparo un altro Manhattan. Tra poco andrò alla Gemäldegalerie e voglio stravolgere con l’alcool il mio stato di coscienza per una fruizione alterata.

Oggi, dopo la scuola, M, A ed io siamo andati a visitare una galleria dove espone un pittore americano che A conosce (mi è piaciuto un murale con il ritratto di Kennedy; A ci ha intrattenuti con aneddoti poco edificanti sul mondo dell’arte contemporanea) e poi siamo andati a mangiare un boccone da Monsieur Vuong. Abbiamo preso un ottimo caffè in un incrocio (possibile solo a Berlino) tra un alimentari, un bar e un ristorante gestito da una bella signora catanese (adorabili la sua cortesia e il suo accento) a Schönhauser Allee.
Mi trovo molto bene con M e A. Cazzeggiamo come se conoscessimo da una vita. Relazioni sociali del genere te le sogni con quei carciofi insipidi dei Finni.