17 luglio 2007

ПЕРВЫЕ СВИДАНИЯ (Primi incontri) di Arsenij Tarkovskij (1962)

Mi sto appassiondo ai film di Andrej Tarkovskij: recentemente ho visto "Soljaris" (1972) e "Andrej Rublëv" (1966). Ieri ho visto "Zerkalo" ("Lo specchio"; 1974). Riporto una poesia recitata da una voce fuori campo (quella del suo stesso autore, il padre del regista) durante il fim.

Свиданий наших каждое мгновенье
Мы праздновали, как богоявленье,
Одни на целом свете. Ты была
Смелей и легче птичьего крыла,
По лестнице, как головокруженье,
Через ступень сбегала и вела
Сквозь влажную сирень в свои владенья
С той стороны зеркального стекла.

Когда настала ночь, была мне милость
Дарована, алтарные врата
Отворены, и в темноте светилась
И медленно клонилась нагота,
И, просыпаясь: "Будь благословенна!" -
Я говорил и знал, что дерзновенно
Мое благословенье: ты спала,
И тронуть веки синевой вселенной
К тебе сирень тянулась со стола,
И синевою тронутые веки
Спокойны были, и рука тепла.

А в хрустале пульсировали реки,
Дымились горы, брезжили моря,
И ты держала сферу на ладони
Хрустальную, и ты спала на троне,
И - боже правый! - ты была моя.
Ты пробудилась и преобразила
Вседневный человеческий словарь,
И речь по горло полнозвучной силой
Наполнилась, и слово ты раскрыло
Свой новый смысл и означало царь.

На свете все преобразилось, даже
Простые вещи - таз, кувшин,- когда
Стояла между нами, как на страже,
Слоистая и твердая вода.

Нас повело неведомо куда.
Пред нами расступались, как миражи,
Построенные чудом города,
Сама ложилась мята нам под ноги,
И птицам с нами было по дороге,
И рыбы подымались по реке,
И небо развернулось пред глазами...
Когда судьба по следу шла за нами,
Как сумасшедший с бритвою в руке.

Ogni istante dei nostri incontri
lo festeggiavamo come un’epifania,
soli a questo mondo. Tu eri
più ardita e lieve di un’ala di uccello,
scendevi come una vertigine
saltando gli scalini, e mi conducevi
oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti
al di là dello specchio.
Quando giunse la notte mi fu fatta
la grazia, le porte dell’iconostasi
furono aperte, e nell’oscurità in cui luceva
e lenta si chinava la nudità
nel destarmi: “Tu sia benedetta”,
dissi, conscio di quanto irriverente fosse
la mia benedizione: tu dormivi,
e il lillà si tendeva dal tavolo
a sfiorarti con l’azzurro della galassia le palpebre,
e sfiorate dall’azzurro le palpebre
stavano quiete, e la mano era calda.

Nel cristallo pulsavano i fiumi,
fumigavano i monti, rilucevano i mari,
mentre assopita sul trono
tenevi in mano la sfera di cristallo,
e – Dio mio! – tu eri mia.

Ti destasti e cangiasti
il vocabolario quotidiano degli umani,
e i discorsi s’empirono veramente
di senso, e la parola tu svelò
il proprio nuovo significato: zar.

Alla luce tutto si trasfigurò, perfino
gli oggetti più semplici – il catino, la brocca – quando,
come a guardia, stava tra noi
l’acqua ghiacciata, a strati.

Fummo condotti chissà dove.
Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi,
città sorte per incantesimo,
la menta si stendeva da sé sotto i piedi,
e gli uccelli c’erano compagni di strada,
e i pesci risalivano il fiume,
e il cielo si schiudeva al nostro sguardo…

Quando il destino ci seguiva passo a passo,
come un pazzo con il rasoio in mano.

13 luglio 2007

Appunti da un giorno di nozze - 2

Lasciamo il Maistraatti di Espoo e cerchiamo un taxi per farci portare a Helsinki; ci facciamo lasciare al Senaatintori.
Il tempo di qualche foto e comincia a piovere e si alza il vento.
Ci rifugiamo al Kappeli per scaldarci con un cappuccio.
Suscitiamo l’interesse di un gruppo di turisti polacchi, che non ci staccano gli occhi di dosso (forse perché non riescono a capire se parliamo tra di noi in Russo, in Inglese o in Italiano; forse perchè in contemplazione di una bellissima giovane donna e del suo elegante cavaliere).
Usciamo quando smette di piovere e riprendiamo il cammino: voglio portare i nostri amici al Töölönlahti, baia che pare un lago, tanto l’accesso al mare aperto è stato manomesso (bello passeggiarci l’inverno quando ghiaccia), presso cui sorge la Finlandiatalo; ma la pioggia ci sorprende ancora dopo aver superato la stazione ferroviaria e ci rifugiamo nell’edificio dello Helsingin Sanomat (il maggiore quotidiano finlandese). Mentre le ragazze si godono una mostra di pittura nella hall, A si gode la mia spiegazione del comportamento meccanico della facciata in vetro e acciaio.
Ormai è tempo di andare al Lasipalatsi, dove ci aspetta un tavolo, e mentre la pioggia tira un attimo il respiro lo raggiungiamo costeggiando il Kiasma.
Cominciamo la cena con un’ottima zuppa di salmone accompagnata dal pane di segale e dal Fiano d’Avellino. La zuppa, ricca di salmone e patate, non è molto cremosa, né molto dolce, a differenza della zuppa del Seahorse, cosa che la fa apparire meno artefatta, meno gonfiata, ti dà l’impressione di schiettezza, essenzialità.
Il piatto principale è lombo di renna con salsa di lampone; per questo piatto ho scelto un Raimat Gran Reserva del 1995. Non sono un appassionato di salse di bacche, ma questa è molto leggera e non copre il sapore della renna.
Per dolce ho preso dei pezzetti di formaggio fresco a pasta molle affogati in una crema calda alla cannella (molto usata in Finlandia) e serviti con delle bacche di camemoro (finlandese: lakka o hilla; bacca arancione pallido che cresce solo nelle paludi del Nord e dal sapore acido); l’ho trovata una combinazione estremamente raffinata: caldo e dolce sapientemente mescolati con freddo e acido. L. ha scelto una creme brulee di caramello con fragole marinate in un liquore alle fragole (non ricordo che cosa abbiano preso gli altri).
Un caffè, un bicchierino di grappa di Brunello, un’ultima corsa in taxi e siamo a casa.

E’ notte (ma a questa latitudine e in questa stagione non è buio): è il momento di un romantico valzer: per la festa che si terrà a Kemerovo L. e io dovremo ballare un valzer e vogliamo dare un saggio ai nostri amici.
Adesso si è fatto davvero tardi! I nostri amici rimangono garbatamente in soggiorno a vedere Gardemariny, vperëd!, una miniserie russa del 1987 in quattro episodi ambientata a metà Settecento (la storia ha l’inverosimiglianza di una fiaba, con attori principali giovani e belli e bravissimi secondi ruoli), mentre io e L. ce ne saliamo in camera.

8 luglio 2007

Appunti da un giorno di nozze - 1

Ci siamo sposati di Mercoledì 27 Giugno 2007.
Giornata grigietta, piovigginosa, freddina.
Arrivo con A verso le una e mezza di pomeriggio al Maistraatti di Espoo, a Tapiola. Corro da Stockmann a prendere il bouquet di rose bianche e rosa (la commessa parla un ottimo italiano con un forte accento Milanese). Verso le due e mezza arriva L. con un completino color madreperla (sotto veste una canottina color avorio che la fascia morbidamente); la accompagnano K (abitino giallo opaco) e S (abitino di seta cinese rossa e bruna decorata con fiori cucito da lei stessa).
Ci tenevo a vedere la mia sposa il più tardi possibile, cercando un’emozione cerimoniale laddove non ce n’erano. Non sono state nozze tradizionali queste (tra l'altro io vestivo di nero sebbene fosse di giorno) e necessariamente sono le meno importanti delle tre.
Verso le tre saliamo al Maistratti, dopo un po’ di foto fatte per scacciare il tarlo di un’attesa senza molto pathos. Ci fanno accomodare in un salottino; mi pare la sala d’attesa di un dentista, mancano solo le riviste stravecchie. Con qualche minuto di anticipo ci fanno accedere alla saletta dove un pubblico ufficiale donna ci dichiarerà marito e moglie.
Il tempo di sistemare la videocamera e il pubblico ufficiale inizia a leggere la formula in Inglese. Ha un tono di pomposa benevolenza e un fortissimo accento finlandese; sento che tratteniamo le risa. Mentre la donna si rivolge direttamente a me, mi viene il dubbio che le risa che trattengo siano nervose e non per il suo accento. Quando mi chiede se voglio prendere in moglie L., mi chiedo a mia volta se devo rispondere solo YES o più filologicamente YES, I WILL. Non ne ho la più pallida idea, ma YES mi pare un po’ pochino; inoltre la Y semiconsonantica ho paura che non stimoli l’uscita della voce e io voglio essere sentito: decido per YES, I WILL. La mia scelta condizionerà anche la risposta di L.
La donna ci invita a scambiarci gli anelli. Quello di L. non entra e non mi lascio sfuggire l’occasione di passare alla storia con una battuta in Russo: ty ela carbonara! (ne hai mangiata di carbonara!). Scoppiamo in una risata catartica.
L. mi mette l’anello al dito (lei, ortodossa, lo porta all’anulare destro e io, cattolico, all’anulare sinistro) e la cerimonia termina con un casto bacio sulle labbra. Il pubblico ufficiale mi darà un certificato di matrimonio che analizzerò con scrupolo burocratico, L. lancerà il bouquet (che S prenderà) e la finiremo lì: ci è voluto più tempo a scriverlo che a viverlo.