22 dicembre 2009

Passeggiata nei dintorni

Abbiamo portato la bambina a prendere un po' d'aria cogliendo l'occasione del temporaneo innalzamento della temperatura (solo -6 oggi!).
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21 dicembre 2009

Global warming

Mercoledí 16 (a mezzogiorno) dalla ns camera da letto:
mezzogiorno Venerdí 18 questo segnava il termometro di prima mattina:
termometro (considerando che, essendo il termometro incollato al vetro esterno della cucina, un minimo di calore comunque passa per irraggiamento e la temperatura indicata é sempre leggermente ottimista); questa era la vista dalla ns camera da letto:
mattino Stamattina, dopo l'abbondante nevicata di questa notte:
neve

26 novembre 2009

L'arte di saper ascoltare - 2

Non rimpiango niente della mia vita a Roma. Non nel senso sociale e politico che l'Italia sia un medioevo oscurantista clerico-fascista berlusconiano, mentre la Finlandia l'evo moderno il progresso la civiltá ecc. Penso invece di vivere al di lá del limes, nella barbarie di un mondo ancora acerbo e troppo giovane, un mondo che non ha ancora trovato un equilibrio in senso storico e che é necessariamente incivile (e con "incivile" intendo la mancanza di affinamento astrattivo che invece é propria della civiltá urbana europea; per dirla con termini della scolastica: in Finlandia gli "universalia" sono soltanto probabilmente "ante rem" e sicuramente "in re" e non giá anche "post rem" come nella civiltá europea, nella sintesi proposta da Alberto Magno e san Tommaso; per dirla in parole povere la Finlandia é "parla come magni", anzi, "parla come bevi" e le sono estranee le fantasie rappresentative, le seghe mentali e gli spiriti contemplativi come il mio).
La mia mancanza di rimpianti di cui sopra é tutta personale. E non é il tema di questo post. Ma pe sbajo c'entra perché é l'oggetto di uno dei pochi rimpianti romani che ho, cioé le mie conversazioni cor Pinta.
Un lettore pignolo mi chiederebbe: ma come, titoli "l'arte del saper ascoltare" e poi vuoi parlarci di conversazioni? E non avrebbe torto, almeno filologicamente, a ravvisare la contraddizione. Basterebbe peró conoscere er Pinta per non trovare alcuna contraddizione.

La notte romana puó essere molto generosa, nonostante l'umiditá e le zanzare, nonostante il chiasso volgare degli open bar e le scimmie dei casting, nonostante le parabole, le city car e le suonerie dei cellulari, nonostante gli abbrutiti dal cocco, i perennemente incazzati di sinistra, le fatalone stivalate, le checche sguaiate e gli stundentelli che pensano basti una birretta per fare Bohème; la notte romana offre sempre un buen retiro per quegli spiriti inquieti che non sanno stare a casa a guardare il GF, che evitano il carnaio yankee di Trastevere e il pendolare scopereccio tra Campo de' fiori e piazza Navona; la notte romana ha sempre in serbo un angolo dimenticato dove le gattare lasciano il piatto, dove la luce della luna cola sul tronco smozzicato di una colonna che poggia la sua ombra su un vecchio muro spanciato, un cantuccio buio dove chi passa si accende una paja per farsi coraggio, dove gira una miccia o scatta una pisciata, dove trova la veloce intimitá di un bacio una coppia che non durerá fino all'alba.
Er Pinta e io avevamo trovato uno di questi posti: una scalinata consumata vicino ad un baretto irlandese dalle parti di san Pietro in vincoli, un'enclave di tranquillitá in mezzo alla caciara. D'estate, col culo sui gradini, una pinta e una miccia, e poi ancora una pinta e una miccia, e un pacchetto morbido di Diana rosse: consumavamo la notte in chiacchiere (d'inverno vagavamo senza bussola, decisi a non arrenderci all'italica noia).
Er Pinta mi faceva confidente delle sue pene d'amore; oppure proponeva spunti dalle cronache politiche, ma si finiva sempre a mandarci reciprocamente affanculo (lui e io antipodali per quanto riguarda politica e religione), ma mai con rancore; altre volte si cazzeggiava senza un argomento preciso. In quest'ultimo caso er Pinta dava il meglio di sé come oratore e io, incidentalmente, il meglio di me come ascoltatore: er Pinta riusciva a tener banco (e a tenermi sveglio) per ore, non chiedendo in cambio niente, se non da parte mia qualche intercalare di circostanza (tipo: ammazza, ma dai!, teribbile). Er Pinta parlava a marea e tra onde e risacca il suo vocione ipnotico e un po' rauco mi cullava e io, a mo' di ciuccio, fumavo una sigaretta dopo l'altra, godendomele intensamente respiro per respiro (e chi fuma o ha fumato sa cosa voglio dire). Er Pinta ogni volta mi raccontava di amici in comune, di conoscenti e parenti suoi, ma non erano pettegolezzi: era la vita spiegata a puntate.

21 novembre 2009

L'arte del saper ascoltare - 1

Approfitto del santo (e spero perdurante) sonno della bimba.

Anni fa, a una festa a Hki in casa d'Italiani, conobbi un tale, Ligure se non erro, dottorato in Fisica e impiegato presso l'Istituto meteorologico finlandese (o come diavolo si chiama).
Credo di essere in generale un ottimo compagno di chiacchiera, nel senso che lascio la gente parlare perché so ascoltare e mi piace ascoltare; spesso assumo volutamente un ruolo passivo nella conversazione per dar modo al mio interlocutore di sentirsi piú forte e sicuro e lasciarsi andare a ruota libera, fino a sbrodolarsi e rendersi ridicolo se necessario (talvolta, quanto il mio interlocutore é timido, ottengo lo stesso con un paio di domande a bruciapelo; talvolta invece nisba).
Lasciai parlare il Ligure perché fin da subito mi pareva personaggio pieno di sé e quindi potenzialmente gravido di baggianate, fesserie e meschineria. Non mi sbagliavo.
All'inizio, saputo che ero ingegnere e stimandomi uno sfigato insignificante, inizió a fare ironia proprio sulla professione dell'ingegnere, paragonandolo ad un'instancabile formichina tutta presa dalle sue semplici e innumerevoli formulette, mentre lui, PhD in Fisica, mandava palloni per le nuvole e si districava tra complessi algoritmi (sottintendendoli incomprensibili a noi ingegneri). Questo cocktail di presupponenza, pregiudizio e cattivo gusto mi deliziava.
Sorrisi come per dargli ragione e lui ne trasse coraggio per continuare a vantare la sua superioritá intellettuale.
Alla fine della conversazione, a statuire che la sua non era una vita, ma una missione o a enunciare persino la sua superioritá morale (fate voi), mi confessó che viveva in un monolocale di 20 mq a Ruoholahti (un alienante quartiere sorto tra il porto occidentale e il centro), che durante il fine settimana l'angustia dello spazio lo soffocava e che era costretto a uscire pure se fuori faceva -20.
Sorrisi ancora, come per dargli conforto. Io giá allora vivevo in questa casetta di 90 mq con sauna e giardinetto e immersa nel verde.

Prossima puntata: le mie conversazioni cor Pinta.

5 novembre 2009

Anastasia é nata!

Lunedí 2 alle 19:51!
Dettagli in seguito. Siamo appena tornati a casa! RIPOSO!

19 ottobre 2009

"Berlin" di Eraldo Affinati (Rizzoli)

Erano anni che non mi capitava: pensavo di avere un fiuto infallibile con i libri, invece ho toppato alla grande con "Berlin" di Eraldo Affinati (Rizzoli).
L'ho comprato indotto dal mio cieco amore per questa città (e da una ben scritta recensione).
Ho trovato nel libro evidenza di due limiti insormontabili: 1) l'autore non è mai vissuto a Berlino; 2) l'autore (per sua ammissione) non parla Tedesco.
Tra il 2005 e il 2007 calavo a Berlino per un weekend ogni due o tre settimane: ci andavo così spesso che potevo a buon diritto affermare di avervi una vita sociale (e l’avevo). Di Berlino conoscevo un sacco di posti, di cose, di locali, ma non ci vivevo e non parlavo Tedesco: allora avrei condiviso e sottoscritto in pieno le sensazioni e le opinioni di Affinati. Poi dal 2008 ho cominciato a studiare Tedesco e ho passato in due occasioni alcune settimane di studio a Berlino: la mia visione e la mia conoscenza della città sono radicalmente cambiate, si sono approfondite (ero entrato in interazione con la città, vivevo i suoi ritmi, mi adeguavo alle sue abitudini, parlavo la sua lingua): ora le riflessioni di Affinati, per quanto erudite e pregnanti, mi sembrano le piccole impressioni di un turista saccente (che ha letto duemila libri, ma non capisce il cartellone pubblicitario che gli sta sotto il naso): sommando i luoghi che lui ha visto e di cui ha scritto si ottiene molto meno che Berlino.
Quello che mi é rimasto dalla lettura é il fastidio dell’onanistica soddisfazione dell’autore, che ha scritto un libro su una cittá di cui non ha capito nulla.
Nel libro inoltre ci sono veniali errori (ma non tanto veniali se si pensa che Affinati pubblica per Rizzoli e non su un blogghetto sconosciuto come questo): Affinati ad esempio afferma che la Neue National-Galerie é di vetro e cemento, mentre é di vetro e acciaio (questa é una svista grave perché l'edificio dichiara smaccatamente i materiali di cui é fatto); non mi vanno giú le citazioni dal Tedesco, perché Affinati mette sempre prima il Tedesco e poi la traduzione in Italiano e questa é disonestá bella e buona, perché se non si parla il Tedesco non si ha il diritto a citare direttamente dal Tedesco (e poi allegare la traduzione) a meno che non si voglia far fessi i lettori e sembrare quello che non si é (inoltre Affinati ha il cattivo gusto di non citare mai il traduttore; forse vuole che immaginiamo che le traduzioni siano sue?); Affinati “dimentica” di parlare della Philharmonie (come scrivere un libro su Milano e dimenticarsi di menzionare la Scala). Non continuo con la lista dei difetti, sennó famo notte.
Un’ultima cosa: Affinati si pavoneggia spesso dei suoi viaggi in giro per il mondo e poi insiste a parlare di Berlino secondo le categorie piú trite del turista. Una su tutte: il clima. Parla di stagni ghiacciati, di vento polare. Affinati é affetto da quella sindrome (tipica di moltissimi Italiani) per cui tutto quello che é a Nord delle Alpi (o a Nord della periferia meridionale di Milano) é Polo Nord: tra gli inverni di Monaco di Baviera e quelli di Rovaniemi non c’é differenza; é tutto un freddo lappone, un vento polare, un trionfo di stagni ghiacciati e di brume gelate. Non voglio dire che Berlino sia una cittá mediterranea, ma non é Helsinki, né San Pietroburgo.
E qui si svela la differenza tra chi ha viaggiato (anche tanto), ma é sempre vissuto nello stesso posto e chi invece vive all’estero. Differenza di cui Affinati é suo malgrado testimone. Chi é sempre vissuto nello stesso posto, per quanto abbia viaggiato, raramente sviluppa delle categorie di pensiero diverse da quelle comuni alla gente che vive nella sua stessa cittá (o Paese); per il semplice fatto che i viaggi sono di solito troppo brevi per poter comprendere un posto (figuriamoci poi se non se ne parla la lingua!) e per poter modificare la propria mentalitá: cioé continua a leggere l'estero come se si trovasse ancora a casa. Chi ci vive, all’estero, invece si trova continuamente nella condizione di verificare la relatività delle proprie convinzioni e di dover mettere sempre in discussione la saldezza delle proprie certezze (processi critici necessariamente impossibili in patria, dove si é tutti immersi nella tepida gelatina di una sicura Weltanschauung).
Ed ecco da dove vengono le brume ghiacciate e il vento polare: per aver visto un po’ di ghiaccio per strada e aver sentito una tramontana un po’ piú fredda.

6 settembre 2009

Zuppa di funghi!

Ieri sono venuti a trovarci amici (lui russo, lei bielorussa) da San Pietroburgo.
Ragione del viaggio in Finlandia: giocare a golf e andare a pesca: sono andati a giocare a golf (e si sono fregati una pallina), sono andati a pesca (ma non hanno preso niente); hanno trovato anche il tempo per raccogliere dei funghi, spuntati copiosi in seguito alle "forti precipitazioni dei giorni scorsi".

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Un buon inizio per una zuppa di funghi!
Qualcuno si é messo alacremente al lavoro:

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qualcun altro aveva la scusa della trentaquattresima settimana:

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Nonostante le avversitá, i lavori proseguirono:

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fino al piatto:

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e fino allo stomaco (previo testamento, non si sa mai).
Oltre ai funghi, ci sono patate, carote, foglie di alloro, sale e pepe.
Chiedo venia per la scarsa documentazione iconografico-metodologica, ma ero altrove a leggere un'avvincente storia dell'Unione sovietica (ero all'inizio degli anni '80).
Serata russofona e tedescofona, ma ravvivata dall'introduzione presso i nostri amici dell'italianissimo rum&pera; i nostri amici hanno poi passato in rassegna tutta la nostra rispettabile raccolta di rum, con divagazioni nella grappa, fino al collasso. Er Pinta non avrebbe sfigurato.
Stamattina, sempre in seguito alle "forti precipitazioni dei giorni scorsi", abbiamo trovato questa sorpresina abbarbicata sul telo che copre il grill:

lumaca

22 agosto 2009

Ancora Tallinn

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Una delle capitali piú insipide d'Europa, giunta alla ribalta del turismo di massa grazie alle compagnie aeree low cost: Tallinn.

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Insipida, ma mai quanto Hki,
ça va sans dire. Che anzi acquista il suo miracoloso significato di bellezza (turistica) proprio e solo per chi, come noi, viene da Hki (per i Finni in primis rappresenta alcohol e donne a buon mercato e per noi, in extremis, l'altro dal Granducato).
Tallinn dai graziosi scorci:

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dai graziosi tetti:

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dai graziosi (e complessi) toponimi:

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(piazza della chiesa)
dai graziosi manifesti:

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dai graziosi graffiti:

graffito(é la televisione che imita la vita o la vita che imita la televisione?)

e dalle graziose Estoni.
Non mancano infatti a caccia della scopata vacanziera le brigate di abbronzati turisti dall'Europa meridionale di tutte le etá, di buona volontá e spesso di bocca buona: studentelli zaino in spalla, quarantenni nonostante tutto ancora disperatamente giovani e signorotti di mezz'etá con moglie al guinzaglio e l'occhio irrequieto.
Prima di imbarcarci sul traghetto che ci avrebbe riportato a Hki, non ci siamo fatti mancare un tramonto comme il faut:

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Durante il tragitto, accanto a noi sedeva uno strano terzetto:
un Finlandese sui quaranta sbronzo marcio;
la sua compagna russa, sui cinquanta, platinatissima;
un giovanotto ucraino di Kiev (che non ho capito bene cosa c'entrasse con i primi due).
Il Finlandese teneva banco: era evidentemente un uomo di successo, nel lavoro e nella vita privata.
Dispensava all'Ucraino massime come: non si scopa mai abbastanza. Implicitamente sosteneva che Kiev fosse un posto di merda, visto che chiedeva all'Ucraino se avesse mai sentito il bisogno di vedere quello che ci fosse dall'altra parte della collina (intendeva forse che avrebbe fatto meglio a trasferirsi in Finlandia?). Gli raccomandava di guardare sempre nelle palle degli occhi le persone con cui faceva affari, perché affettare sicurezza dava il vantaggio dell'essere padroni della situazione. Guardare gli altri nelle palle degli occhi poteva risultare utile anche nelle discoteche, per liberarsi dei rivali invidiosi delle proprie prede; ma all'occorrenza bisognava saper menare le mani, meglio se in maniera rapida (pam pam!).
Poi cominció a tessere le lodi della thai box e a quel punto ho smesso di ascoltare, perché mi aveva fatto venire il mal di mare.

23 luglio 2009

In luogo di Pappa Pizza

Come tutti ben sanno la Finlandia é un posto elettrizzante. Dove succedono tantissime cose eccitanti.
Persino nel nostro quartiere.
Tralasciando l'indimenticabile episodio del volpino sfuggito alla padrona, conclusosi con un lieto fine hollywoodiano (dopo un'estenuante ricerca di oltre una mezz'oretta), uno degli avventimenti piú importanti dell'anno é stato sicuramente il trasloco di Pappa Pizza, un'istituzione gastronomica del nostro quartiere mandata avanti da un'audace manipolo di Turchi. Spostatasi Pappa Pizza di un paio di incroci (causa inammissibile rincaro del fitto, sic tradunt), al suo posto é sorto un colosso della ristorazione multiculturale, che s'imporrá presto quale city mark (come lo chiamano gli urbanisti), soprattutto per il suo nome originale: Pizza Point.
Non abbiamo ben capito da dove vengano i gestori, se dal Pakistan o dall'India, dal Bangladesh o dallo Sri Lanka, ma questi sono dettagli, perché qui si parla di cibo e non di passaporti.
E quindi veniamo al menú. Che si compone di ben 7 sezioni.
1) Pizze
2) Indiano (Pollo, Vegetariano, Agnello)
3) Pollo
4) Kebab
5) Falafel
6) Insalate
7) Bevande
Tralasciando le sezioni dalla 2 alla 7, concentriamoci sulla sezione 1: Pizze.
Le combinazioni offerte sono simili a quelle che si trovano in tutte le pizzerie locali. Ritroviamo ad esempio la FRANSESCANA (sic; con kinkku, una pessima imitazione del cotto, e funghi sott'aceto).
Scorrendo il menú scopriamo le combinazioni piú inaudite, creative e geniali, come:
PICCANTIE (sic): kinkku, salame, carne macinata, cipolla e miscela di pepe;
EMPIRE SPECIAL: kinkku, salame, gamberetti, cipolla e tuplajuusto (una pessima imitazione del cheddar);
AMERICANA: kinkku, ananas, aurajuusto (una cattiva imitazione del gorgonzola);
CAPITAL (evoluzione dell'AMERICANA): kinkku, gamberetti, ananas e aurajuusto.
Non manca la scelta di ben tre diverse varianti di KEBAB PIZZA, ma ci manca il cuore per riportare il condimento.
La migliore in assoluto, secondo noi, é la QUATTRO MELONI (kinkku, gamberetti, funghi e asparagi), che pare venga servita congiuntamente da Pamela Anderson e Serena Grandi.

25 giugno 2009

Ars et labor

Ho dato una mano ad un amico architetto a progettare dei tavoli sospesi per il nuovo ufficio di una societá di produzione di giochi on line. É tutta farina del suo sacco, io l'ho solo aiutato a massimizzare la stabilitá del sistema di cavi (e dato qualche piccolo consiglio per la struttura dei tavoli). Il risultato non é per niente male:

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15 maggio 2009

14 racconti di fantascienza russa

Qualche mese fa mi sono letteralmente divorato un'antologia di racconti russi.
Si tratta di 14 racconti di Fantascienza russa, a cura di Jacques Bergier, edizione Feltrinelli del '61, una raccolta di testi scritti tra gli anni ’30 e la fine degli anni ’50.
Non sono un patito della fantascienza; ho letto un' del cyberpunk di William Gibson e qualche classico di Arthur Clarke. Peró, quando ho scovato questo titolo nel magazzino segreto, non ci ho pensato due volte a prenderlo. E non é stata una cattiva idea.
Pensavo che fosse uno di quei libri che si comprano come atto d'amore (per la Russia, nel mio caso). L'ho iniziato a leggere in uno svogliato weekend privo di stimoli e poi mi ha preso tanto che a malincuore me ne andavo a dormire o lavorare.
In realtá alcuni racconti erano piuttosto mediocri (o per lo meno non risvegliavano il mio interesse), tanto che li ho abbandonati dopo qualche pagina.
Ma non mi ha catturato tanto la bellezza dei racconti, quanto il milieu di cui erano impastati. Innanzitutto gli eroi sono (quasi) sempre russi (e noi siamo abituati a protagonisti invariabilmente americani), poi é data per scontata la supremazia sovietica in ogni campo (noi siamo abituati a vedere gli Americani come gli egemoni strafichi, ipertecnologici e superorganizzati). Inoltre i personaggi sono quasi sempre scienziati incorruttibili e animati solo dalla sete di conoscienza, marcantoni tagliati con l'accetta e pronti sempre a sacrificio di sè (che fa molto russo). In molti racconti la Terra é governata da un organismo democratico, schiavitú e imperialismo sono solo ricordi; il credo ufficiale é la Scienza, che ormai ha praticamente svelato ogni mistero. Nei racconti in cui si parla di Unione sovietica, non mancano riferimenti alla maggiore ricchezza e prosperitá di questa sull’America (ricchezza e prosperitá che assicurano agli scienziati maggiori fondi).
A proposito, nei due racconti ambientati in America il capitalismo é descritto come un sistema che genera povertá e disuguaglianza (ovviamente l'Unione sovietica é rappresentata come un modello di democrazia e libertá). Allora si era in piena guerra fredda e la letteratura era terreno di battaglia: ovvio che pure la fantascienza dovesse essere allineata.
I traduttori sembrano un po' aricchiappati. A parte che i neri vengono chiamati negri, in un racconto mi sono imbattuto in un personaggio che cosí inveiva contro la tecnologia: le macchine... le possino!
Il saggetto introduttivo di Jacques Bergier non riserva meno sorprese: si parla di Bulgakov come di un minore, come di un caratterista (da ricordare giusto per la novella Uova fatali; Il maestro e Margherita saró pubblicato solo nel ’67) e gli si contrappone l'accademico Kataev (la cui fama non varca ora le antologie scolastiche russe). In una cosa peró Bergier non sbaglia, nel rilevare il valore del romanzo breve di Ivan Efremov, Navi di stelle, il testo piú lungo della raccolta, che da solo varrebbe tutto il libro, a parte un paio di racconti dei fratelli Strugackie (gli autori di Stalker, per intenderci, da cui Tarkovskij ha tratto il suo film).
Navi di stelle é ambientato nell’immediato dopoguerra.
Un paleontologo cinese, prima di morire ammazzato da briganti, fa in tempo ad inviare ad un suo collega russo un cranio di dinosauro con un foro che sembra quello di un proiettile. Il paleontologo vorrebbe proseguire in Cina gli scavi interrotti, ma i capitalisti non lo permetteranno mai ad un accademico sovietico! Allora dirotta le sue ricerche in Kazahstan, dove trova un suolo simile a quello su il collega cinese lavorava (e che presenta strati coevi a quelli cinesi). Sfruttando lavori di sbancamento per la costruzione di una diga, vengono fatti scavi colossali (all’epoca il costo del lavoro era comunque basso).
Ma come si spiega un cranio vecchio di 70 milioni di anni forato da un proiettile?
Il paleontologo chiede aiuto ad un suo vecchio amico, un biologo.
Facciamo un passo indietro. Il biologo, all’inizio del romanzo breve, riesce (molto miracolosamente) a recuperare il taccuino di un suo studente morto in guerra (ritrova il taccuino dentro la carcassa del carrarmato dove é caduto il suo studente!). Nel taccuino il biologo legge una rivoluzionaria teoria: che le stelle non se ne stiano fisse nello spazio come tanti baccalá, ma che vaghino secondo orbite galattiche! Biologo e paleontologo lasciano mogli brontolanti e cercano conferme all’osservatorio astronomico e, dopo alcune notti insonni, scoprono un gruppo di stelle che 70 milioni di anni fa era nei pressi (a qualche anno luce) della Terra. È possibile, argomentano i due scienziati, che alcune di queste stelle avessero dei sistemi solari da portarsi appresso nelle loro orbite (da qui viene la bella idea delle Navi di stelle). Ed é possibile che in alcuni di questi sistemi solari si trovassero dei pianeti abitati da intelligenze evolute in grado di viaggiare fino alla Terra per andarvi a cercare dell’uranio (necessario ai loro motori atomici).
Bella teoria, ma bisogna trovare una prova. Le sole speranze sono riposte negli scavi.
In Kazahstan intanto gli scavi procedono febbrili, ma senza risultati. Addirittura gli operai, contagiati dall’entusiasmo dei paleontologi, offrono gratuitamente il loro aiuto (un bell’esempio di come il Lavoro aiuti la Scienza, commenta Efremov). Finalmente, verso la fine del romanzo breve, viene trovato il reperto tanto cercato, sotto lo scheletro di un dinosauro si scopre il cranio di una creatura sconosciuta, ma che doveva essere molto intelligente a giudicare dalle dimensioni della capoccia (simili a quelle del cranio umano). L’unica differenza é che al posto della bocca, il cranio presenta un bel becco.

3 maggio 2009

Tallinn? Ancora Tallinn?

Perché non cogliere l'occasione del Primo Maggio per una bella gita fuori porta? (soprattutto in considerazione del fatto che non abbiamo fatto scampagnata alcuna a Pasquetta e che non abbiamo goduto del comandato abbacchio alla scottadito con canoniche patate al forno a Pasqua).
Perché non cogliere, dunque, l'occasione del Primo Maggio per un parziale risarcimento per tradizioni non celebrate?
Perché non andarsene un paio di giorni a Tallinn? (ci si arriva con un'ora e mezzo di catamarano) Perché non poltrirsela in vasche bullicanti, saune e bagni turchi? (circondati da bambini russi che sguazzano onnipotenti nell'acqua, belle madri russe che cercano il getto piú rilassante e padri russi che spizzano lo spizzabile con affettata indifferenza; fossero stati Finni, sarebbero rimasti il pomeriggio a fissare accigliati il loro boccale di birra) Perché non concedersi massaggi e trattamenti vari, inclusa chiacchiera in Russo con la parrucchiera? E dopo, affamati e assetati, non sentirsi meritevoli di un bel bisteccone con patate e birra scura? E per finire un piattone di Kaiserschmarrn (un frittellone con prugne spezzettato e affogato nel puré di mele), incluso sfoggio di Tedesco con il donnone bavarese che ci serviva? E, di nuovo, a pranzo (verso le 5, ché la robusta colazione ci negava l'appetito) un'altra succulenta bistecca al vino con patatone arrosto? E infatti non ci siamo fatti mancare niente di tutto questo! Abbiamo evitato il piú possibile le mandrie di turisti, quest'anno Tedeschi e Svedesi (con questi ultimi che mi sono sembrati un po' coglioni); l'anno scorso solo Inglesi (di solito maleducati). Non mancano i turisti russi, ma ci stanno simpatici (o sono della serie "spettinati & vestiti come capita" o della serie "fashion victims con quell'aria sopra le righe un po' partenopea") e non li evitiamo. Né mancano i turisti finlandesi, ma non evitiamo nemmeno questi, chè sono inevitabili, come la Nemesi. Allego alcune foto fatte dalla nostra camera (16esimo piano).
tallinn_maggio_09_02 tallinn_maggio_09_03 tallinn_maggio_09_01 Sul traghetto, al ritorno, son capitato seduto alle spalle di due giovani donne italiane; presumo turiste a Hki che hanno fatto una scappata a Tallinn, vestite coi piumini invernali, una piú nana dell'altra. Ho ascoltato involontariamente la conversazione telefonica di una di queste con... indovinate un po' con chi? Ma con la mamma! Con chi? La tipa (la piú nana delle due) descriveva con parole di soddisfazione Tallinn alla mammina, solo si aspettava piú negozi (evidentemente non ha considerato negozi le rivendite di alcool, che forse per numero sono seconde solo alle birrerie). Per concludere cito dal menú del nostro albergo (di cui per pietá taccio il nome):

PENNE CARBONARA

sun dried tomatoes, peas, smoked ham, garlic cream sauce

(non traduco per la suddetta pietá).

25 aprile 2009

L'albero di Pasqua

Oggi non abbiamo potuto evitare i talkoot, una sorta di celebrazione borghese del giardinaggio condominiale, un rito che si tiene due volte l'anno (in primavera e in autunno) in cui ognuno è sacerdote e il cui porre in essere si esplica attraverso il semplice dandosi da fare o dando l'impressione di darsi da fare (in autunno il lavoro non manca, perchè si raccolgono tutte le foglie cadute e si prepara la terra per la gelida morsa invernale; ma in primavera c'è ben poco da fare e tutti danno il meglio di sé nel trovarsi occupazioni credibili).
Ho colto l'occasione igienica per liberarmi di un cadavere che da Gennaio giaceva insepolto nel giardinetto sul retro: il cadavere del nostro albero di Natale!
A mia parziale discolpa, rammento alla giuria che fino a poche settimane fa la carcassa rinseccolita era occultata da abbondante neve.
E stamattina bel bello mi sono caricato sulle spalle la spoglia mortale dell'albero di Natale e l'ho portata al cassonetto dei rifiuti bio (o baio, come dicono i colti). Una vicina ramazzante spalanca gli occhi e mi fa: ma non mi dire che quello è l'albero di Natale! E io, con una faccia di bronzo che descrivervi non saprei: ma no, è l'albero di Pasqua. Noi in Italia -continuo imperterrito- facciamo per tradizione non solo l'albero a Natale, ma anche a Pasqua. E lei: ma lo decorate pure? E io: sicuro!

2 aprile 2009

Appunti da Vaasa

In questa trasferta di lavoro, divido uno degli appartamenti della compagnia con un collega indiano, anche lui in trasferta. Occupa una posizione di rilievo nel nostro ufficio a Mumbai e si vede: é istruito, ma non ha solo titoli universitari, é (abbastanza) pulito e ha anche quel po' di savoir faire dell'uomo di mondo.
Si vede pure che gioca fuori casa, tiene la cresta abbassata perché non conosce le regole del gioco in Europa, ma da certe sue sfumature un po' decisioniste intuisco che é abituato a ordinare e ad essere obbedito.
Non mi pare uno stronzo. La mattina mi prepara il té, ieri al supermercato ha preteso di portare il cestino della spesa (forse io sono troppo abituato allo stile finlandese: ognuno fa per sé e non provare ad avvicinanrti!).
Vaasa non offre granché per distrarsi dopo il lavoro e dividere l'appartamento é un bene, perché si possono fare le cose insieme. Per me non sarebbe un problema stare da solo: mi porterei in avanti sulla tabella di lettura, ma l'Indiano, visto che la tele ha solo 4 canali, non saprebbe che fare da solo (a parte rimbambirsi di internet).
Ieri sera ho fatto all'Indiano una carbonara spiccia e la sera prima lui mi ha preparato dei noodles indiani che abbiamo condito con il masala fatto dalla moglie (trattasi di salsa piccantissima preparata con una trentina di ingredienti, tutti piccantissimi).
Dopo cena l'Indiano si stura sempre un paio di bicchieri di rum indiano (42.8%) e ogni tanto scompare in balcone a fumare e io apro il libro e volo a Shandy Hall nel 1718 a conversare con i fratelli Shandy, il caporale Trim e il dottor Slop.
Stamattina l'Indiano é andato al lavoro con scarpe da ginnastica, pantaloni scuri, camicia a maniche corte con taschino (con penne inserite), cravatta e giacca non abbinata ai pantaloni.
Si consideri che in tutto l'ufficio (saremo un 200 persone) gli unici a portare la cravatta eravano l'Indiano e il sottoscritto.

A Vaasa la minoranza finlandese di lingua svedese é meno minoranza che altrove. In ufficio lo Svedese si sente quanto, se non piú, del Finlandese. In bocca ai Finlandesi lo Svedese ha un suono strano, pare una specie di cantilena con vocali chiuse tipo: brispo franfo ciriciciúúre.
Suona come una lingua dolce, ma secca, l'ideale per i film di Bergman.

Vaasa é composta da un reticolo di strade; l'asse principale va dal mare verso l'interno. Lungo questo asse ci sono due piazze l'una dopo l'altra, divise solo da un isolato o due. Una piazza é piú antica: é praticamente una solida chiesa a cortina con un vuoto intorno circondato da austeri edifici pubblici (in una delle piú tristi declinazioni dello stile Gründerzeit indigeno). Nel mondo occidentale moderno, Stato e Chiesa non sono piú tenuti in considerazione come autoritá morali, per cui questa piazza é passata di moda ed é del tutto negletta (sempre entro i limiti dello standard finlandese per "negletto"). Mentre l'altra piazza, sebbene non cosí blasonata dalle vetrate colorate della chiesa e dai bassorilievi degli edifici pubblici, sebbene sia un vuoto grigio senza particolare genio urbanistico (sarebbe da chiamare spiazzo e non piazza), é il cuore del centro di Vaasa, il buco nero che catalizza l'attenzione urbana, tutto vetrine di negozi e di locali.
É questo il cuore dell'Occidente, un vuoto grigio spazzato da venti gelidi la cui infertile oscuritá é violata dai bagliori colorati di vetrine.

6 marzo 2009

Goodbye yo Berlin

Oggi post letterario.
Ho da poco terminato Goodbye to Berlin di Christopher Isherwood, in un ben conservato Paperback di quarantanni fa recapitatomi dall'amazzone britannica.
Da un po' di tempo ho cominciato a leggere libri in Inglese, sia per il piacere di leggere in lingua originale, sia con l'intento di migliorare il mio Inglese.
L'Inglese é la lingua che uso per lavorare (insieme al Finlandese e al Russo) ed é anche una delle lingue che uso nel tempo libero (nel tempo libero preferisco peró usare l'Italiano e gustarmi accenti ed espressioni dialettali diverse, sapide di italum acetum).
Insomma, mi sono letto Goodbye to Berlin. É una raccolta di appunti durante due soggiorni Berlinesi all'inizio degli anni '30. Non possedendo l'Inglese al 100% magari mi sono perso qualche sfumatura, ma nel complesso me lo sono goduto, una volta entrato nel meccanismo stilistico dell'autore. Isherwood usa una lingua molto mimetica, adattandola di volta in volta al personaggio che parla (ci riesce bene soprattutto quando mette in bocca a differenti Tedeschi ogni volta un differente Inglese; mi é piaciuto moltissimo il Tedesco sgrammaticato, ma efficace che parla un'attricetta britannica amica del protagonista); Céline in questo é maestro.
Alcune descrizioni sono mirabili. Il testo comincia con la dichiarazione che lo sguardo dell'autore si fa telecamera che passa registrando senza selezionare. Le sue descrizioni paiono veramente cosí, ma a ben analizzare si vede la mano selettiva dei dettagli, la mano che crea collegamenti attraverso allusioni e aggettivi, insomma si vede Flaubert tra le righe!
Mi é piaciuta anche la struttura narrativa. I primi capitoli raccontano personaggi e storie in dettaglio e nell'ultimo capitolo tutti i personaggi e le loro storie s'intrecciano l'uno nell'altra dando un mirabile senso di compiutezza e d'unitá al romanzo. Come in un giallo, ogni personaggio racconta la sua storia e alla fine l'investigatore compone un mosaico in cui tutte le tessere trovano il loro posto e tutte insieme compongono un'immagine. Questo é talento, perché durante la lettura, sapevo che gli eventi narrati dovevano essere piú o meno contemporanei e i capitoli mi sembravano un po' scollegati, ma alla fine Isherwood ha dato loro senso cucendoli insieme.
 
 
Adesso ho cominciato The Life and the Opinions of Tristram Shandy, Gentleman di Lawrence Sterne. Sterne é uno dei miei autori preferiti, per me é uno che potrebbe benissimo dare del tu a Cervantes, Proust e Musil. Ho conosciuto Sterne attraverso il Foscolo: con lo pseudonimo di Didimo Chierico, il Foscolo ha tradotto il Sentimental journey sterniano. Avendo amato le avventure di Yorick, il passo al Tristram Shandy é stato breve.
Sia il Sentimental journey, sia il Tristram Shandy li ho letti due volte (la seconda lettura del Tristram Shandy
é avvenuta durante l'interrail del '98, non posso dimenticare). Forte di questa doppia rilettura, mi avventuro nell'originale. A parte la lingua (l'Inglese del '700), la difficoltá é lo stile: Sterne usa frasi sterminate disseminate di digressioni che rendono la lettura un po' straniata, come quando si é un po' sbronzi; Sterne riesce a parlare tantissimo senza dire niente eppure alla fine di ogni capitolo ti sembra che qualcosa ti sia stato comunicato. Piú che una lettura pare una conversazione, é molto simile a Montaigne (al limite a te nemmeno interessa granché quello che Montaigne dice, ma ti fa piacere che lui sia lí con te a chiacchierare). Non dico altro perché sto veramente all'inizio.

27 febbraio 2009

La prova dell'esistenza di Dio e il segreto delle leggi dei mercati

Oggi un post ambiziosetto

1) La prova dell'esistenza di Dio.
Ho la prova inconfutabile della
Sua esistenza!
Metterá d'accordo cattolici ed anglicani, che sfileranno il Primo Maggio per le vie di Belfast bevendo fiumi di birra e sidro!
Si ricrederanno atei, agnostici, rinnegati, spretati, delusi, simoniaci, illuministi, matematici impertinenti, bestemmiatori, indecisi, comunisti (trinariciuti e non), dubbiosi, eretici (in particolare i monofisiti e i nestoriani), revisionisti, negatori dell'Olocausto, panteisti, radical chic e fricchettoni!
Nevica da tre giorni e non é il nostro turno per spalare il parcheggio!
Dio c'é! Giustizia c'é! Distributiva, commutativa e sociale! Fate voi.
Giá gnostici tradizionalisti, che hanno battuto le bancarelle del Lungosenna alla ricerca di introvabili guénoniani, bisbocciano a Oloroso di Jerez dell'87 con rabbini ortodossi nei caffé di le Marais!
Giá Aristotele sussulta di gioia nella sua tomba!
Giá odo i cori festosi dei sindacalisti e dei centri sociali che imboccano la via Cavour dai fori imperiali, mentre Alemanno, er Pecora e Storace, in testa ad una falange di fasci giulivi, li aspettano a piazza della repubblica con petali di rosa e biglietti dell'autobus usati e un gay pride estemporaneo dal Colosseo marcia fino alla basilica di san Giovanni in Laterano per assistere ad una mega Messa in memoria di Jörg Haider accompagnata dai Massive Attack e Gigi d'Alessio!

2) L'andamento dell'economia
Anni fa vidi
π, un bel film americano indipendente, che racconta la storia di un immaginario matematico ebreo newyorkese arrivato a scoprire la legge che regola l'andamento dei titoli di borsa. Siccome questa legge é basata su una sequenza numerica, la scoperta fa gola alla classica multinazionale cattiva e ad un rabbino ultra-ortodosso, che crede che quei numeri siano la sequenza cabbalistica del perduto nome di Dio. Il film termina con un doppio finale: il matematico si suicida o diventa scemo.
Nel film vengono trattati con competenza e chiarezza argomenti complessi come la serie di Fibonacci e lo sviluppo della spirale costruita sulla sezione aurea, argomenti dei quali ho un'ottima cognizione avendoli approfonditi nella mia tesi di laurea insieme ad altri (le proporzioni del pentagono, le relazioni tra spirale e pentagono, i frattali, ecc.; argomenti che mi hanno condotto poi alle discipline esoteriche, ma questa é un'altra storia).
Per farla breve, ho trovato un metodo infallibile per predire l'andamento dell'economia mondiale in relazione all'andamento del prezzo del petrolio! L'aspetto piú stupefacente é che é semplicissimo e non richiede lauree, MBA alla Bocconi, abbonamenti al Sole 24 Ore o l'aver visto Wall Street di Oliver Stone!
Ora vi spiego: il prezzo del diesel, che dipende direttamente dal prezzo del petrolio (fuorché in Italia), varia in progressione perfetta con la quantitá di carburante nel serbatoio della mia macchina! Cioé: non appena il contenuto del serbatoio é inferiore alla metá della sua capienza, il prezzo del diesel (e quindi del petrolio) comincia a salire (e quindi l'economia va in crisi nera, le banche argentine falliscono e si portano nella tomba i risparmi dei lavoratori italiani, le rate del mutuo s'impennano, disoccupati e precari aumentano); il momento peggiore é quando devo fare il pieno: stai sicuro che i prezzi sono schizzati alle stelle (e il mercato globale é a pezzi); appena fatto il pieno, il fenomeno s'inverte: il prezzo del diesel (e quindi del petrolio) cala (e quindi l'economia comincia a riprendersi, segnali di ottimismo dalla banca centrale europea, aumentano i consumi, l'abbondanza di liquido in circolazione permette facile accesso al credito, i tessuti cinesi non fanno piú paura); l'andamento positivo ovviamente dura finché non si supera la metá del serbatoio e tutto ricomincia da capo.
Tutto scientifico! (come il comunismo)

14 febbraio 2009

Livida Berlino - 2

anna_blume_01Abbiamo frequentato piú del solito Prenzlauer Berg, dove vivono molti dei nostri amici russi (di solito bazzichiamo l'Ovest). Mi sono divertito a sentirli discutere animatamente come noi Italiani sulla scelta del posto dove andare a mangiare o a bere.
Ci siamo tornati anche da soli, a Prenzlauer Berg, quando i pomeriggi erano troppo cupi e il vento portava con sè un misto poco intrigante di pioggia, ghiaccio e neve.
Ci é piaciuto piú di tutti Anna Blume, un caffé dal design sobriamente liberty con fioraio annesso (Blume = fiore) sulla Kollwitzstraße.
Il curvo bancone e i lunghi e ondulati divani dalla pelle rossa, specchiati dalla modellatura del controsoffitto, creano calde sinuositá ventrali in cui indugiare a lungo, in cui perdersi in fantasticherie mangiando una succulenta fettona di torta, in cui leggere o chiacchierare o guardare gli altri clienti bevendo un frischer Minztee.
Di primavera o d'estate si puó sedere fuori, godendo della tipica quiete berlinese che spira tra i viali (tanto diversa dallo sterile silenzio di Hki) e del mite solicello.

anna_blume_02Alla nostra destra, manco a farlo apposta, sedeva una studentessa di lingue, che raccontava all'amica finnica del suo studio della lingua finlandese e dei suoi soggiorni in Finlandia. Mi sarebbe tanto piaciuto entrare nella conversazione e dire la mia, ma non mi andava di sporcare l'entusiasmo ingenuo della studentessa.
Alla nostra sinistra sedeva una giovane donna dalla lunga treccia nera, rapita nella conversazione con un uomo di mezz'etá. Ho pensato che la giovane donna fosse una studentessa e il vecchio il suo adorato professore-pigmalione. Lei era troppo felicemente concentrata sul suo interlocutore per poter pensare che questi ne fosse semplicemente il padre. Chissá che l'interesse e l'ammirazione non l'abbiamo spinta a maggiore intimitá con l'uomo. Che mi dava le spalle, onde non potevo coglierne l'espressione, se quella altera di un maestro o quella lubrica di un fauno.
Davanti, ma piú distanti, due anziane signore parlavano sottovoce con gran gesticolare.
Passava qua e lá la giovane cameriera, chiaramente una studentessa, con una smorfia un po' antipatica che le irrigidiva il bel volto.
Non paghi delle lunghe passeggiate, spesso allungavamo volutamente i tragitti in metro per osservare un po' di umanitá varia berlinese.

13 febbraio 2009

Livida Berlino - 1

Abbiamo passato alcuni giorni a Berlino.
Febbraio é forse il mese meno felice per andarsene a spasso (almeno nell'emisfero boreale); va da sé che Berlino c'incanta anche a Febbraio, persino quando é livida (non posso scrivere gelida, venendo da una gelida Helsinki).
Livida come la mattina che ci ha portato a Treptower Park, dove si trova un tempio a cielo aperto, un memoriale alla gloria eterna degli eroi socialisti dell'armata rossa che hanno donato le loro vite per liberare l'umanitá dalla schiavitú fascista (cito a memoria dall'epigrafe russa).
 
treptower park, bassorilievoSebbene io non abbia simpatia alcuna per comunismo, socialismo e sinistra in generale, sebbene il memoriale sia letteralmente farcito di frasi roboanti firmate Iosif Stalin (frasi ripetute a pappagallo per sessant'anni da alti papaveri e da scagnozzi di partito, da demagoghi sindacalisti e da fankazzisti capelloni da centro sociale fino a ridursi a locuzioni retoriche svuotate di ogni reale significato, anche politico oramai; fino a riempirsi di ridicolo in bocca a nani, ballerine, travestiti e telegenici), a Treptower Park si respira fortissimo e vivissimo il fiato greve della tragedia. Della tragedia della guerra.
Il valore politico del memoriale mi sembra passato. Una grande statua in cima ad una tozza torre mostra un soldato che tiene una bambina nel braccio sinistro e una spada reclinata nella destra (mi fa pensare all'angelo che rinfodera la lama sulla sommitá di Castel Sant'Angelo) e che calpesta una svastica spezzata (come Maria la testa del serpente?): ora non ci sono piú svastiche da spezzare, non ci sono piú le schiere hitleriane che invadono la nostra patria socialista (ora abbiamo il nazisionismo e il fascismo islamico), e non ci sono piú liberatori, armate rosse, armate a cavallo (al massimo esportiamo la democrazia o instauriamo la sharia). Il memoriale rimane a dar voce al dolore dell'umanitá ferita dalla guerra, da ogni guerra. Questa voce di dolore, atroce sorda pressione, é ancora viva, ancora lacera i nostri timpani. E nonostante che i Russi arrivassero come liberatori (e ben presto sarebbero rimasti come invasori per cinquant'anni), nonostante l'epos della conquista di Berlino, uscendo dal memoriale di Treptower Park si porta con sé la consapevolezza che la guerra, nessuna guerra é eroica.
 
treptower_parkLo stesso pesante stordimento mi ha colto ai cimiteri alleati di Cassino e alle Fosse Ardeatine.
La visita a Treptower Park ci ha segnato.
Tanto che ci vogliamo tornare in primavera, quando il risveglio della natura dará un profumo di speranza alle nostre meditazioni.
In questi giorni a Berlino c'é la Berlinale. Abbiamo visto un film danese, Lille soldat, di Annette K. Olesen. Il film racconta di Lotte, appena tornata dal servizio militare in Iraq (bella la citazione iniziale da Apocalypse now), di cui non dice niente, ma che certo ha lasciato un segno profondo in lei; senza soldi e lavoro, si vede offrire un posto da autista dal padre, che é stato assente nella vita di Lotte e che ora prospera nel giro della prostituzione. Lotte diventerá l'autista della squillo piú bella e richiesta, la nigeriana Lily. Nel film é descritto l'evolversi del singolare rapporto tra Lotte e Lily, che é anche la donna del padre di Lotte, il suo protettore. Due donne forti, Lotte cancella la propia femminilitá (ma non del tutto), Lily invece la esalta, all'opposto. Non racconto oltre.
Nonostante il tema forte, il film non é retorico o moralistico e, pur con un finale un po' melodrammatico, ti tocca.
Piacevole spizzarsi un po' gli animali da festival: arie impegnate e assorte da intellettuale, barbe incolte, lunghe sciarpe, velluto, baschi di tutte le fogge per tutti i sessi possibili immaginabili; non possono mancare i Giapponesi con la borsa a tracolla della Berlinale.
Nonostante il livido Febbraio, abbiamo fatto lunghe passeggiate in quartieri a noi poco noti: Steglitz e Tempelhof.
Steglitz é un quartiere meridionale. L'ultimo, credo, a una certa densitá prima dei quartieri giardino come Dahlem o Lichterfelde. Ha ancora il carattere herrlich (signorile) di Wilmersdorf o Charlottenburg, con le sue tranquille vie alberate fornite di edifici Gründerzeit. Un centro commerciale appena costruito pare l'abbia scosso dal suo discreto torpore borghese. Un posto dove professionisti vivono, tengono studio e parcheggiano l'Audi.
Tempelhof é piú interessante e (per noi) inaspettato. Il quartiere era fino a poco tempo fa tiranneggiato dall'aeroporto omonino. Ora che l'aeroporto é stato chiuso, si prevede un suo sviluppo, essendo confinante con i trendy (e cari) quartieri di Schöneberg e Kreuzberg. Ancora si respira quasi un'aria di paese, case basse, suono di campane, sebbene Tempelhof sia tutto sommato abbastanza centrale, perché il quartiere é isolato dal resto della cittá da ferrovia e autobahn a ovest e nord, dal vuoto dell'aeroporto a est e da un corso d'acqua a sud.
(continua)

6 febbraio 2009

Di furgoni e passeggiate

Ieri al corso di Russo l'insegnante ci spiegava il significato della parola увлечение (uvlečenie, passione). Ad esempio, mi fa, se tu hai uvlečenie per le belle macchine, ti compri: Ferrari, Ducato... E una delle signore-madri la interrompe aggiungendo: Iaguár (pronuncia russa).
Al sentire Ducato, ho sorriso: certo l'insegnante voleva dire Ducati la moto, e non Ducato il furgone! fiat_ducato
Lí per lí non ci ho badato troppo ed ho continuato a seguire la lezione, ma dopo cinque minuti mi é venuto in mente un garage strafico con una Ferrari, una Lamborghini, una Rolls-Royce, una Iaguár... e un Ducato!
E sono sbottato a ridere. Cosí, di punto in bianco.
L'insegnante, piacevolmente impressa dallo scoppio d'ilaritá, me ne ha chiesto la ragione e quando ha capito che il busillis era l'aver scambiato la Ducati per il Ducato é diventata tutta rossa, nonostante la sollevassi d'ogni responsabilitá per l'oggettiva somiglianza tra Ducati e Ducato.
Dopo il russkij urok, la lezione di Russo, ho un'oretta di buco (come si diceva ai tempi della scuola e dell'uni) dalle sei alle sette, prima che cominci il Deutschkurs.

Di solito, ai tempi dell'uni, l'oretta di buco era l'ideale per una chiacchiera, qualche sigaretta e un caffé (con panna, se girava bene); talvolta questo miscuglio di chiacchiera, sigaretta e caffé consumato ai tavolini del Bar dello Studente (con vista sul Colosseo, mica pizza e fichi!) era cosí avvincente (complice la compagnia di spiriti sopraffini quali er Pinta, er Centallóra, er Tallone e le Quotate Flautiste e galeotto il clima mite romano) che il buco si allargava fino ad inghiottire la lezione successiva, ma questa é un'altra storia!

Eravamo rimasti con questo buco di un'oretta, piacevole chance per un pigro vagolare flâneur.
Meno male che finora il tempo é stato clemente!
Siccome a Hki (e nel resto del granducato) i negozi chiudono alle sei, a parte parrucchieri e supermercati, nel mio passeggiare mi debbo accontentare di vetrine cupamente illuminate, degli sguardi assenti delle sciampiste che frizionano capoccioni di tutte le taglie e del via vai di larve schive con buste della spesa sbiadite. Incontro spesso cani portati a spasso da diafani figuri, mi accorgo all'ultimo istante di gruppi di bambini che giocano nella neve nel piú assoluto silenzio, sorvegliati da genitori mimetizzati nel buio. Dall'odore improvvismo di sigaretta intuisco che mi sta passando vicino qualcuno che fuma.
Sfilano le criniere gialle di stivalate di mezz'etá tutte tacchi e forza, sfilano biondine ricche di modernitá e di giovinezza, maschietti concentrati sulla playlist o sulla frangetta e vecchi professionisti impenetrabili intabarrati disseminatori di figli. Sono a Töölö, zona signorile, quasi europea, e non battuta dalle schiere brute degli alcolizzati.
Incrocio soprattutto donne e non perché l'occhio vede/cerca quello che gli piace, ma perché gli uomini finlandesi campano nel cono d'ombra delle donne finlandesi.
Solo soletto passeggio ruminando i miei pensieri.
Finché il tempo regge.
Quando arriverá il freddo passeró l'oretta di buco leggendo su un divano del centro culturale russo.

4 febbraio 2009

Il centauro

Quando per qualche motivo durante il giorno esco dall'ufficio, spesso trovo all'ingresso di un supermercato un Russo che muove dei burattini al ritmo di rock russo (suonato da uno stereetto scassato).
Un osservatore superficiale penserebbe che i burattini danzino, ma a guardare bene il Russo non fa altro che muoverli su e giú. Lo strepito struggente del rock non fa scopa con lo sguardo assente del burattinaio, perso in chissá quali atarassici mondi, peró fa scopa con la sua aria sdrucita da centauro alto e possente, e soprattutto maledetto. Merito di vecchia bandana, barbone nero e giubbottaccio di pelle.
Peccato che non dia l'idea di avere nemmeno una bicicletta.
Qualche mattina presto, l'ho visto in compagnia di una donna minuta, secchettina; anche lei con l'aria di averne passate tante. Mi sembrava sbronza. E lui l'aiutava ad andare piano piano.
Stamattina dalla finestra invece ho visto lui passare sbronzo e traballante, sorretto da lei.

2 febbraio 2009

La fine della rivoluzione - 2

Partecipo, come sapete, al concorso Blog&Nuvole con il racconto "La fine della rivoluzione".
Questo racconto ha superato la prima selezione ed é stato ammesso tra i 35 che diventeranno fumetti. E ieri anche il fumetto tratto dal mio racconto é stato pubblicato!
Le tavole sono di Michela Lanini.
Michela ha lasciato il mio testo fluttuare come una voce di sottofondo, come un commento orale alle sue forti tavole. Che richiamano gli avanguardisti russi e gli espressionisti tedeschi.


I colori che usa sono il bianco e il rosso scarlatto, che vira in un bruno rossastro, come sangue secco. Pozze di colore in ebollizione primordiale, in lotta titanica. Tra il bianco, i Bianchi, e il rosso, i Rossi.
Le frasi in Russo (alcune: che paura! avanti! non sono solo tra i miei compagni, sapore del sangue in bocca) sono piú che decorazione.
Forse si descrive la genesi cruenta dell'Unione sovietica, forse si descrive uno scontro tra due princípi irriducibili, perché Michela sembra non cercare la fedeltá della rappresentazione storica (infatti sembra ambientata 30 anni dopo la rivoluzione).
Molto bello il Lenin, vivo, che parla alle masse, mentre il mio testo dice di una sua statua quasi stanca, con braccia lungo il corpo.

27 gennaio 2009

Fiati

British AirwaysDurante il volo per St. Lucia, lo scorso novembre, sedeva alla mia sinistra una donna estremo-orientale. Sui trenta e molto minuta.
Vestiva il canonico revival anni '80 e portava in testa tanta lacca da ridurre l'ozono a una groviera. Era cosí preoccupata della sua voluminosa criniera nera che non passavano trenta secondi che non se la rinfoltisse con una bella passata di mano.
Dopo cinque minuti di volo, devastata dalla lettura della rivista delle Britsh Airways, si é attaccata al suo i-Pod per le restanti otto ore di volo e per le restanti otto ore di volo si é dimenata come fosse in discoteca, fortuna che era una scricciolo. Non paga, ha bevuto di tutto, mischiando birra, whisky e gin tonic e non mi ricordo che altro. Normale che dopo un po' non fosse neanche piú capace di versarsi il vino nel bicchiere.
Fin qui la cosa non mi toccava per niente: ero immerso nella lettura dei Simboli di scienza sacra del Guénon (Adelphi) e nell'analisi delle Tentazioni di sant'Antonio di Bosch del Fraenger (Abscondita). Quello che era insopportabile era quanto scricciolo estremo-orientale puzzasse d'alcool, praticamente come una qualsiasi strada di Helsinki. E quello che mi mandava in bestia era quel suo continuo rifarsi il trucco e risistemarsi la criniera nonostante il fiato d'alcool!
AeroflotA questo punto, non posso fare a meno di ricordare quell'omone russo che mi capitó vicino su un volo per Mosca di ritorno dalla Siberia qualche anno fa. Era veramente un armadio, una montagna, saranno stati un paio di metri e almeno centocinquanta chili.
Non so come c'entrasse, ma stava seduto alla mia sinistra; le sue braccia esondavano sugli esili braccioli dell'Aeroflot e a me non rimaneva altra scelta che mettere il mio braccio direttamente sopra il suo. Lui non pareva gradire molto, ma dopo un po' si é addormentato come un macigno.
Siccome mi sovrastava, il suo respiro mi giungeva dall'alto. Fragranze di carne, cipolla e vodka. E io non riuscivo a trovare una posizione dove non mi arrivasse quel bouquet! A destra, a sinistra, in avanti, indietro: NIENTE! Provai a respirare secondo il suo respiro: inspiravo tra le sue inspirazione ed espirazione; funzionava, ma avendo quello i polmoni due volte i miei il suo respiro aveva un ritmo che io non potevo tenere.
Sono arrivato a Mosca che ero uno straccio.

19 gennaio 2009

Serata all'opera

Sabato sera siamo andati a vedere la Tosca al teatro dell'Opera di Hki.
Sedevamo centrali, alle ultime file della platea. Ottimi posti per godersi il palcoscenico. Avrei preferito la prima galleria centrale, donde si vede bene l'orchestra nella buca e soprattutto si spazia per benino sul pubblico. Malignare sulle toilettes delle signore é incluso nel prezzo del biglietto, ma purtroppo in questo non sono supportato dalla mia dolce e buona metá (con un certo mio amico lombardissimo, che é anche decisamente piú melomane di me, ci si sarebbe andati giú pesanti).
Le Finlandesi, quando provano ad acchittarsi, vanno da rinseccoliti business tailleur a pomposi tendaggi stile Buckingham Palace, a seconda della massa di carne da rivestire. Per non parlare delle vegliarde affezionate ai loro caffettani di lana con le renne ricamate.
Sempre e comunque abiti dal gusto pessimo e rigorosamente votati ad ammazzare la bellezza femminile. Mettici pure che tra ad ogni intervallo nessuno rinuncia alla rituale sbevazzata (a parte le vecchie rincancrenite che si fiondano su caffé e brioscina, manco fossero al Radetzky il sabato mattina) e la sala puzza sempre piú di fiati che sanno di vino sudamericano e brandy estone (tanto per i Finni l'unica cosa che conta é che il numerino seguito da % sia il piú alto possibile).
Taccio sulle scarpe.
Ma veniamo all'opera.
Il primo atto é all'interno di sant'Andrea della Valle. L'interno di sant'Andrea era esattamente come ci si aspetta che in un teatro si allestisca un interno di chiesa. Il fatto che sia prevedibile é un demerito? Chi ha ideato le scenografie é mai entrato in una chiesa romana di quelle in pieno stile Controriforma? É mai entrato in una chiesa? Ha idea di cosa sia il sacro? E qui non é questione di crederci o no. La chiesa del primo atto é la chiesa inaridita di chi non ha nemmeno un briciolo di spiritualitá (verosimilmente lo scenografo é Finlandese). Non parliamo dell'impalcatura che serviva a Cavaradossi per salir su fino agli affreschi, pareva una macchina d'assedio medievale.
Il sacrestano, poi, sembrava un fraticello della serie co 'sta pioggia e co 'sto vento chi é che bussa a 'sto convento? Ci manca solo che cominciasse a canticchiare Loaker che bontá! Loaker che bontá!
Di un altro livello Cavaradossi, Tosca e Scarpia.
Cavaradossi (Vladimir Kuzmenko) gran voce e grande interpretazione. Tosca (Olga Romanko) mi é sembrata un po' troppo accademica. Piú di tutti mi é piaciuto Scarpia (Esa Ruuttunen), assai convincente nella sua recitazione quasi da teatro drammatico.
Il secondo atto é nell'appartamento di Scarpia. Anche qui l'appartamento era come ci si aspettasse un appartamento. Ma comunque meglio della chiesa del primo atto. Una scalinata sulla destra portava in una stanza dietro le quinte, dove Cavaradossi viene torturato. Una forte luce proiettava l'ombra di chi facesse le scale sul muro con ottimo effetto. Mi é piaciuta anche la fuga prospettica fino alla grande porta sullo sfondo (dai riflessi metallici, ma dall'aria un po' troppo leggerina per far credere che sia alta vari metri e quindi pesante).
Il tavolo su cui Scarpia cena era fornito con molto gusto e molta cura.
Il terzo atto rappresenta un Castel Sant'Angelo cupo e dai lividi bastioni monolitici; la cupola di san Pietro é sullo sfondo. Durante l'aria in romanesco un gioco di luci che simula l'avanzare dell'alba sulla cupola di san Pietro strappa un applauso a scena aperta. Si vede che non hanno mai visto un presepe! Perché l'impressione era quella.
Buona la prova dell'orchestra (condotta da Kari Tikka). Non conosco molto Puccini, ma ho una certa esperienza di musica orchestrale. Immagino che l'orchestra non debba rubare la scena ai cantanti e al massimo debba sostenerli e accompagnarli e questo l'orchestra faceva, con la forza ctonia dei sentimenti e del destino. Assurgeva a protagonista nei momenti di recitazione muta e ci dava gli stessi brividi che ci davano le voci dei cantanti. Scrivo brividi, perché di brividi si é trattato.
Se il fine dell'opera ultimo sia quello di suscitare emozioni non saprei (lascio la palla agli intenditori), ma devo dire che questa Tosca, con un crescendo non casuale, ci ha tenuto con il fiato sospeso attraverso tutti i colpi di scena fino al suicidio della protagonista.

Abbiamo concluso la serata a cena dal miglior Indiano di Hki. Cibo decente. Peccato che alle 23 del Sabato sera gli unici due clienti del ristorante fossimo noi (fossimo arrivati un po' piú tardi avremmo trovato pure la cucina chiusa).

18 gennaio 2009

Passeggiata domenicale

Temperatura alzata (tornata intorno allo 0; ieri si aggirava sui -10).
Ne approfittiamo per sgranchirci le gambe, anzi per audaci giochi di equilibrismo:

equilibrismo
NB sotto la neve c'é lo stagno ghiacciato:

Laaksolahti04
Il solito ponticello:

Laaksolahti02
Ecco é il lago Lippa, anche lui ghiacciato e innevato:

Lippajärvi02
Una buona occasione per fare quattro passi o pattinare (per tornare lí d'estate bisogna andarci a nuoto o in barca)...

Lippajärvi01

14 gennaio 2009

A Vaasankatu

Ieri ho portato il portatile di L. a riparare in un negozietto sulla Vaasankatu (via Vaasa).
Conosco la Vaasankatu per aver abitato sulla contigua Porvoonkatu per due anni.
Sebbene mi bastasse traversare un incrocio per imboccare la Vaasankatu, raramente ci mettevo piede, essendo Vaasankatu una serie ininterrotta di sexi shop, massaggi tailandesi, teatrini di spogliarelliste e localacci lerci di quart'ordine. Non per pruderie bigotta, ma semplicemente perché queste cose non mi attraggono.
Ma, mio malgrado, mi é toccato rimetterci piede. In Vaasankatu.
Era quell'ora indecisa alla fine del tramonto, in cui la notte non ha ancora preso il sopravvento e i neon delle spogliarelliste o delle massaggiatrici ancora non irrompono di prepotenza sulla strada; quell'ora in cui ancora puoi vedere due amiche bere un té in uno di quei localacci dove tra poco il tuo onore sará misurato sulla quantitá di pinte ingollate e dai cc di cilindrata della tua moto.
A dare un'aria di degrado contribuivano le impalcature di remontti (ristrutturazione) che creavano arcate di tubi arrugginiti sotto cui passare. Teloni di pellicola trasparente a proteggere le vetrine dei sexi shop le facevano ancora piú ambigue.
Assolutamente l'ultimo posto al mondo dove avrei immaginato di trovare un artigiano dell'informatica.
Perché di artigiano si tratta: pare rimasto ai tempi di MS-DOS mentre il mondo corre alla velocitá pazzesca iperconnessa dei pacchetti cellophanati preconfezionati di centinaia di Gbit, migliaia di ram, di PS3, XBOX, Guitar Hero. E invece lui é rimasto fedele a se stesso, ed eccolo, un nerd invecchiato, un nonno nerd dalla capigliatura alla Einstein. Con le sue battute divertentissime sul consumo di energia dei vecchi monitor.
E il suo negozietto é riproduzione ad alta fedeltá di lui medesimo! Immaginate un antro da rigattiere totalmente cosparso di pc, portatili, monitor, schede madri, km di cavi ritorti di tutte le grandezze e di tutti i colori, poltroncine scassate e mobilio caduto in prescrizione (cosparso é la parola giusta, perché é come se tutto vi fosse caduto ondeggiando lentamente).
Scommetto che il simpatico nonnino sará piú che aggiornato quando sará il momento di presentarmi il conto.

13 gennaio 2009

L'odore della cartiera

Sono uscito a comprare il pane per il pranzo (panino con salmone fresco marinato in sale e zucchero e fettine di cetriolo fresco e insalata di cavolo e carote crudi marinati in aceto e aglio).
Giornata plumbea, deprimente.
Tornando dal supermercato ho sentito a un'incrocio un'odore dolciastro, simile al puzzo di cartiera che si respirava a Oulu.
A Oulu (150 km a Sud del circolo polare artico) ho passato l'estate del 2002 e l'autunno del 2003 come exchange student (in mezzo, il servizio militare).
Arrivai la prima volta a Oulu all'inizio di Aprile. La topografia era irriconoscibile sotto montagne di neve, il mondo era come un'oscura pentola scoperchiata in cui un dio crudele avesse versato luce opaca e bluastra. Il fetore dolciastro della cartiera s'impastava al respiro, agli abiti, ti aspettava a casa quando tornavi, ti aspettava fuori quando uscivi per scortarti ovunque volessi andare.
Allora avevo giá viaggiato: Iran (estate '92), Malesia (estati '95 e '96) e vari interrail, soprattutto quello memorabile del 2000 durato un mese (in compagnia der Pinta), ma erano stati viaggi con la famiglia o di vacanza con gli amici. Il soggiorno di studio a Oulu era qualcosa di diverso. E vi arrivavo pieno dell'ingenuitá e dei pregiudizi di chi ha viaggiato poco o niente.
Rido di chi si vanta di non avere pregiudizi (molto probabilmente non ha mai alzato il culo dalla poltrona del salotto o non si é mai trovato a che fare con mondi differenti). La vera intelligenza sta nel conoscere i propri limiti e nel regolarsi di conseguenza.
Ora, dopo quattro anni di Granducato e altri viaggi in Siberia ed Europa (e altre lingue apprese), conosco me stesso molto meglio (e i miei limiti; o almeno alcuni dei quali) e so cosa voglio.
Per trovare se stessi non c'é bisogno di arrampicarsi sulle montagne dell'Himalaya, non c'é davvero bisogno di andare tanto lontano. Basta non considerarsi lo (0;0;0), l'origine del sistema di riferimento: cioé rinunciare all'egosimo. Certo che vedersi da fuori (dall'estero) aiuta un sacco.
La rinuncia all'egoismo non é cosa poi tanto lontana dalla docta ignorantia di Cusano. É un continuo in fieri, un working progress, una via da percorrere. Una Via (centripeta ascendente) che porta alla Veritá e alla Vita. Al Senso della Vita.
E certo é una via rivelata. Inaccessibile alla sola natura umana perché imperfetta.
C'é bisogno di un Maestro.
Accettare il Mistero (anche questo é rinuncia all'egoismo).

6 gennaio 2009

Epifania!

Passeggiatina mattutina nei dintorni.
Ruscelletto ghiacciato dietro casa:

ruscello dietro casa
Pallida alba. Luce azzurra diffusa:

alba01
Il laghetto gelato:

lago01
lago02
Il cuore vegetale:

cuore vegetale
La nostra via:

alba02
La cassetta delle lettere:

cassette della posta
La temperatura stanotte è salita prepotentemente. Siamo intorno agli 0 gradi. Il cielo si rannuvola. Si prepara le neve.

5 gennaio 2009

G E L O

Da Venerdí é calato il gelo.
Improvvisamente, senza nemmeno una nevicatina preparatoria, perché fino al giorno prima stavamo praticamente sui 3 o 4 gradi. É arrivata di colpo la mannaia:
ZAC!
In una notte s'é congelato il ruscelletto dietro casa. L'umiditá residua s'é gelata rappresa alle foglie, all'erba, alla terra, all'asfalto. Il gelo é come una polverina bianca, che tutto ha ricoperto in una notte. Come un'edera ha rampicato i rivestimenti di legno delle nostre casette, i vetri delle finestre. Non puó altro che tornarmi in mente la "lebbra di fiori" che corrompe la Flora arcimboldiana secondo Roland Barthes.
É come se in una notte fossero passati cinquant'anni e la polvere dell'incuria si fosse posata dappertutto, pure sui prati e sui sempreverdi negletti dal vento.
Il gran freddo secca tutte le umiditá, perfino le mucose del naso. Pare che il mondo ormai sia morto rinsecchito, contratto in una paresi, pronto a rottura fragile. Quando apro la portiera della macchina temo sempre che la plastica della maniglia mi rimanga in mano.
Eppure non é cosí. Ben coperto, il freddo non si sente. La natura non é morta, volano gli uccelli, corrono i conigli selvatici. La gente va a passeggio con il cane. Ché persino chi fa jogging.
Io me ne sto al calduccio a leggere un libro che mi rapisce pagina dopo pagina. Non mi accadeva da tempo di non poter riuscire a staccare gli occhi da un libro. Si tratta di Segreto Tibet di Fosco Maraini, parla della spedizione che fece nel '48 al seguito del prof. Tucci (di cui ho letto un resoconto della spedizione del '37, se non erro, nell'Agosto 2007 in Siberia, questo lo ricordo benissimo).