Sabato sera cena da Michela, come da programma.
Tre le delizie: 1) gli antipasti fritti e la pizza; 2) la conversazione con gli amici; 3) l'ambiente, i camerieri, i clienti.
Devo spiegare cos'é un supplí? un fiore di zucca fritto? un'oliva
ascolana? un filetto di baccalá? una bella pizza romana fina fina e
scrocchiarella con funghi e salsicce sopra?
Mi son goduto la chiacchiera cor Pinta e donna (ho lasciato moglie e
Polacchi al loro destino, fortunatamente er Cento-all-ora aveva portato
un'amica che parla Inglese). A pensarci bene non mi ricordo di cosa
abbia parlato cor Pinta: mi pare del suo lavoro, della magnata che si
sono fatti a pranzo; mi sono accorto che cominciavo la metá della mie
frasi con "a Berlino...". Quello che ci siamo detti (urlati, per essere
onesti, perché da Michela c'é sempre un casino "clamoroso" -pleonasmo
tipicamente pintiano) alla fine ha poca importanza, quel che conta era
il piacere di stare insieme, che era il vero senso intimo delle nostre
parole. Non sono mancate rievocazioni di personaggi universitari, di
sbronze e di debolezze d'intestino.
Dopo cena e dopo la mezz'oretta abbondante che abbiamo impiegato per
salutarci davanti la pizzeria, abbiamo lasciato i Polacchi in albergo,
ho lasciato L. stanca a casa e sono andato al party di compleanno
della mia amica G.
Arrivo verso l'una, a furori sbolliti, la gente comincia giá ad
andarsene. Ho con me un litro di vodka finlandese e per la festeggiata
una bottiglia di champagne e la guida automobilistica di Francia del '50
(comprata la mattina).
Al citofono il mio nome non dice nulla, ma per qualche oscura ragione mi
aprono e mi fanno pure la grazia di suggermi il piano (come non lo
sapessi!).
Entro e la prima impressione é quella di trovarmi alla matinée a casa Guermantes ne Il tempo ritrovato.
All'arrivo in casa Guermantes il Narratore aveva l'impressione di
trovarsi ad una festa in maschera, gli sembrava che i suoi amici si
fossero travestiti da vecchi, lui mancava da anni per essere stato in
una casa di cura.
Mi spiace scomodare Proust, ma ci sono molti punti di contatto tra la
sua storia e la mia: anch'io vengo da alcuni anni di permanenza in quel
sanatorio per malati di mente che é la Finlandia e anche a me la prima
impressione é stata il constatare quanto fosse invecchiata gente che non
vedevo da quattro o cinque anni. Alcune che avevo lasciato ragazze le
ritrovavo donne giá semi-sfiorite.
Solo tre persone sono rimaste le stesse, anzi sono migliorate in
bellezza ed eleganza (anche dai Guermantes c'é Odette ancora bella,
giovane ed elegante). La padrona di casa G, la sua amica L
e l'amico attore S.
S é alto, ha una camicia lillá e la barba da dio greco
(sicuramente seduce moltitudini di semidei); L ha sempre
quell'aria fresca e ingenua e quella lieve malinconia degli occhi e
nella voce; G sprizza gaiezza da tutti i pori, ma con una
classe, che di questi tempi volgari pochi sanno apprezzare, e con
intelligente luciditá (nonostante i drinks).
Ho scambiato qualche parola con un giovane funzionario del ministero
degli Esteri (l'ultima volta che l'ho visto era appena laureato e
preparava angosciato concorsi). Mi ha ricordato d'istinto il Carlo
Valletti protagonista del pasoliniano Petrolio. In realtá
Pasolini descrive Carlo alto, magro, dedito a notti selvagge con venti
borgatari alla volta e pieno di nostalgia per il cazzo di Carmelo,
mentre il mio amico é basso e di quella rotonditá asessuata e pretesca
da cattocomunista (ignoro se vagheggi cazzi). Eppure mi paiono molto
simili (forse e soprattutto assomiglia al Carlo-donna o ancora di piú al
Carlo-santo castrato al culmine del cursus honorum).
Altro incontro croccante é stato con il piú figo della festa (che aveva
al seguito un amico NECESSARIAMENTE non figo, ma devoto).
Ora, io non sono mai stato un figo (in Italia dico, qui in Finlandia gli
indigeni sono talmente non-fighi e ineleganti che per essere fighi
basta sfoggiare una felpa Baci & Abbracci) anche perché
l'esser fighi é una qualitá che non é intrinseca alla persona, ma
dipende dal consenso altrui, per cui gran parte dell'esser fighi é
generalmente quella di saper interpretare gli standard vigenti (le
uniche categorie intellegibili alla "gente"), cioé in soldoni seguire le
mode. E se permettete preferisco farmi apprezzare da pochi per quel che
sono piuttosto che beneficiare del superficiale plauso generale per
quanto sono bravo a seguire la moda.
Insomma, incontro il piú figo della festa con l'amico devoto al seguito
(amico che spera nutrirsi delle briciole che cadono dal tavolo del piú
figo) proprio vicino al reparto bevande; il vino era praticamente giá
finito al mio arrivo e il mio rifornimento di vodka ha dato una notevole
accelerata alla festa (di per sé molto sobria).
Nel frattempo qualcuno aveva riesumato il titolo di ingegnere-poeta affibbiatomi per versi scritti anni fa, titolo che serpeggiava nelle conversazioni.
Insomma, il piú figo della festa mentre beve la mia vodka finlandese si
trova davanti l'ingegnere-poeta e mi chiede se la vodka l'abbia portata
io.
Di solito quando due uomini s'incontrano per la prima volta combattono
un veloce duello fatto di sguardi e parole per determinare il piú presto
possibile di chi sia la supremazia (si compete maxime in
successo professionale e personale). Anche l'incontro del piú figo della
festa con l'ingegnere-poeta é stato caratterizzato da questo veloce
duello.
Il piú figo della festa, che stupido non é, ha fatto due piú due:
ingegnere-poeta (qualunque cosa possa significare), viene dalla
Finlandia: questo va trattato con le molle. La sua circospezione ha
sconfinato nel rispetto quando gli ho chiesto se per caso fossimo
colleghi (mi pareva di aver capito cosí cogliendo brani di una
conversazione), lui mi ha dovuto rispondere che é farmacista. Un
farmacista del Tiburtino, per quanto ben vestito, per quanto figo, é e
rimane un bottegaio (stavolta detto con malizia) e ben poco ha da
competere con un ingegnere (poeta) che vive in Finlandia, lasciatemelo
dire senza superbia e falsa modestia.
La nostra conversazione si é interrotta lí (continuarla sarebbe stato
imbarazzante per il farmacista e poco interessante per me). Non é stata
definita la supremazia di nessuno perché lui non avrebbe potuto in
nessun caso imporla su me e a me non me ne frega una mazza di imporla su
nessuno: sono stati tacitamente concordati non belligeranza e rispetto
delle reciproche zone d'influenza; a lungo andare si sarebbe di sicuro scatenato un
conflitto, ma certo non durante il breve tempo di una festa (a meno che
si fosse in competizione per qualcosa o qualcuna, cosa da escludere per
quanto mi riguarda).
C'era qualcosa che non mi convinceva nel farmacista. Sui
trentacinque-quaranta ben portati, camicia bianca, elegante giacca blu
con pochette (io semplici jeans e camicia nera), mi pareva anche troppo
figo per la festa. Sfoggiava una sicurezza un po' irritante (una specie
di calma salomonica e sfrontata che gli derivava dal considerarsi figo),
ma non osava troppo perché sapeva che piú della giacca elegante (e di
quell'aria impettita) poco altro aveva a disposizione. C'era qualcosa
che non mi convinceva, dicevo, e alla fine l'ho scoperta! Poco prima di
andarmene, il farmacista s'é seduto e ha accavallato la gamba, mostrando
uno scarponcino scamosciato verdognolo con un tacco cosí. Primo: sei
nano e pure complessato se ti metti un tacco tanto (non c'é niente di
male nell'esser bassi, ma ce n'é forse nell'esserne complessati);
secondo: la scarpa non c'entra una mazza con la giacca e allora decade
l'ipotesi d'eleganza. Avevo capito: il farmacista, il piú figo della
festa, non era altro che un ossequioso replicante di modelli televisivi,
con la sua giacca blu da mezzobusto da tiggí, non era altro che un
farmacista nano travestito da presentatore televisivo. Una gran bolla di
sapone. Uno che pensava di "valorizzarsi" mettendosi una giacchetta
alla Ricucci, ma alla fin fine stai a venne l'aspirine alle vecchie der Tibburtino.
Dopo le due ci siamo ritrovati seduti in circolo con un nanerottolo
ventruto e pelato che ci parlava di riflessologia con lentezza
socratica. Il nanerottolo appariva convinto, ci credeva, ma in realtá
era solo il buffone del farmacista (nella cui farmacia esercita), che
aveva piacere ad esibirlo ed assumeva un'aria tra il manageriale e il
paterno. Gli invitati fingevano attenzione con molto garbo.
A me dopo trenta secondi di apologia della riflessologia mi sono
scoppiate le palle e sono uscito in terrazzo a godermi la vista sulla basilica di san Giovanni in Laterano. Ci ho trovato un
tizio e una Francese ubriaca.
La Francese la conoscevo giá, ha velleitá d'attrice (ero stato in
contatto con lei per un mio piccolo monologo, che, essendo in bocca ad
una donna belga, era perfetto per la sua erre moscia), ma lei non mi ha
riconosciuto subito, marcia com'era (con tre complimenti se la sarebbe
rimorchiata pure l'amico devoto del farmacista). Quando mi ha
riconosciuto, nota la fede al dito e mi fa, trionfalmente: ti sei
sposato! Eh,sí, dico io. E tua moglie? É a casa, era stanca. E lei: sei
proprio Italiano! (volendo significare con ció la peggior specie di
vigliacco mentitore traditore figlio di ecc.) Io lo prendo come un
complimento (meglio passare per maudit che per santo) e ripeto: eh, sí.
Conobbi la Francese a casa di G qualche anno fa. Me la ricordo
fasciata in un abito di velluto nero, di una magrezza molto
intellettuale e nervosa, con la sigaretta in una mano e un bicchiere di
vino bianco nell'altra: mi fece una certa impressione, tant'é vero che
la cercai per il monologo (poi non andato in porto). Ora non mi sembrava
altro che una segretaria sola, stressata e bulimica. Senza una caccola
di fascino, parlava sguaiatamente a voce alta. Non mi ha lasciato altra
scelta che tornarmene a casa.