25 ottobre 2007

Una figura di merda

Giá il fatto di essere Italiano in Finlandia (con le aggravanti del pizzo e della scoppola) mi vale l'esser considerato dalle masse bionde un "geneticamente casanova". Qualche settimana fa ho ulteriormente aggravato la mia posizione.
Sopravvissuto ad un projektilounas, cioé una cena di progetto (che implicava il sopravvivere ad una visita al työmaa, cioé al cantiere; nello specifico il gigantesco sito del porto di Vuosaari); sopravvissuto al projektilounas, dicevo, e cioé ad una misera bistecca di toro con un po' di patate al forno, il tutto innaffiato con abbondante, ma scarso Cabernet-Sauvignon sudafricano, mi apprestavo a lasciare al suo alcoolico destino il gruppo di colleghi ancora molto assetati.
In realtá avrei avuto anche un'altra cena.
Flash back. Un amico di Valencia, giá ricercatore a Berkeley, lascia la California per seguire la bionda moglie nel suo capriccio di ritornare ai patrii lidi; non trovando la rubia manco uno straccio di lavoro in un anno e mezzo a Hki (forse essendo lei di troppe pretese professionali vantando una laureetta in Psicologia), i due decidono di tornare negli Stati Uniti. Fine flash back.
Il mio amico di Valencia e la sua rubia erano in quei giorni proprio a Hki per battezzare il figliolo di pochi mesi e proprio quella sera del projektilounas erano a cena con alcuni amici per presentarci ufficialmente il piccoletto (visto finora solo in foto). Tra gli amici ci dovevo essere anch'io, ma essendo impegnato sul fronte professionale a malincuore mandavo L. da sola, con l'accordo che li avrei raggiunti piú tardi per l'ammazzacaffé (ho preso una grappa; faceva schifo e rimpiansi la grappa di Brunello del Lasipalatsi).
Per farla corta: saluto in fretta i colleghi per raggiungere i miei amici e con un generoso slancio glottologico dico a tutti in Finlandese che ho un appuntamento con mia moglie: sará stata la stanchezza, sará stato il freddo, sará stato il vino: ma invece di dire che ho un appuntamento vaimon kanssa (con mia moglie), dico, candidamente sorridendo, naisen kanssa (con una donna). Cala il silenzio e tutti mi guardano con occhi sbarrati, pensando: questo é sposato da due settimane e non solo tradisce giá la moglie, ma lo sbatte pure ai quattro venti. Dopo qualche secondo una collega sillaba omanainen (la TUA donna). Nell'attesa della mia conferma il silenzio si fa piú fitto e gli occhi piú sbarrati; io, che non mi ero reso ancora conto della gaffe confermo, sempre candidamente sorridendo, omanaisen kanssa (con la MIA donna). Ripensandoci a posteriori: nessuno mi ha creduto.
Mentre un tassí mi portava via, mi resi conto della figura di merda.

15 ottobre 2007

Tristia di Osip Mandel'stam (1918)

 Я изучилъ науку разставанья
 Въ простоволосыхъ жалобахъ ночныхъ.
 Жуютъ волы, и длится ожиданье,
 Послeднiй часъ веселiй городскихъ,
 И чту обрядъ той пeтушиной ночи,
 Когда, поднявъ дорожной скорби грузъ,
 Глядeли въ даль заплаканныя очи,
 И женскiй плачъ мeшался съ пeньемъ музъ.

 Кто можетъ знать при словe -- разставанье,
 Какая намъ разлука предстоитъ,
 Что намъ сулитъ пeтушье восклицанье,
 Когда огонь въ Акрополе горитъ,
 И на зарe какой то новой жизни,
 Когда въ сeняхъ лeниво волъ жуетъ,
 Зачeмъ пeтухъ, глашатай новой жизни,
 На городской стeнe крылами бьетъ?

 И я люблю обыкновенье пряжи,
 Снуетъ челнокъ, веретено жужжитъ.
 Смотри, навстрeчу, словно пухъ лебяжiй,
 Уже босая Делiя летитъ.
 О, нашей жизни скудная основа,
 Куда какъ бeденъ радости языкъ!
 Все было встарь, все повторится снова,
 И сладокъ намъ лишь узнаванья мигъ.

 Да будетъ такъ: прозрачная фигурка
 На чистомъ блюдe глиняномъ лежитъ,
 Какъ бeличья распластанная шкурка,
 Склонясь надъ воскомъ, дeвушка глядитъ.
 Не намъ гадать о греческомъ Эребe,
 Для женщинъ воскъ, что для мужчины мeдь.
 Намъ только въ битвахъ выпадаетъ жребiй,
 А имъ дано гадая умереть.
  Ho imparato la scienza degli addii
  nel piangere notturno, a testa nuda.
  Ruminano i buoi, dura l’attesa,
  ultima ora di veglie cittadine,
  ed io rispetto il rito della notte dei galli
  quando, sollevato il fardello doloroso del viaggio,
  guardavano lontano occhi di pianto
  e il lamento delle donne accompagnava il canto delle muse.

  Chi può sapere che congedo attende
  nella parola addio,
  cosa ci predice il clamore dei galli
  quando il fuoco arde sull’acropoli
  e perché all’alba di una nuova vita,
  quando nel fieno rumina pigro il bue,
  il gallo araldo della nuova vita
  sulle mura della città sbatte le ali?

  E io amo i gesti quotidiani della tessitura:
  la spola ordisce, il fuso ronza,
  e già, peluria di cigno,
  la scalza Delia vola incontro!
  Meschino ordito della nostra vita,
  come è povera la lingua della gioia!
  Tutto è già stato, tutto si ripete,
  attimo dolce è solo il riconoscere.

  E così sia: una diafana figurina
  sul semplice piatto d’argilla,
  come una pelle appiattita di scoiattolo;
  china sopra la cera una ragazza guarda.
  Non sta a noi divinare il greco Erebo,
  per le donne la cera è come il rame per gli uomini.
  Noi solo in battaglia ci colpisce il fato,
  a loro è dato morire divinando.

10 ottobre 2007

Matrimonio romano - 15 Settembre 2007 - 1

Il matrimonio romano è quello che mi ha coinvolto maggiormente; non solo quanto ad emozioni (il "sì" pronunciato a Espoo, sebbene l'ufficiale civile paresse la cugina del Grande Puffo, sebbene l'attesa in anticamera durasse più della cerimonia, sebbene avessi litigato con il tassista che ci ha portato al Comune, sebbene la giornata fosse fredda e piovosa e dopo tre passi mi si fossero sporcati i mocassini, ebbene quel "sì" è stato un'irripetibile scossa di adrenalina mischiata al suono di un lucchetto che si chiude), ma soprattutto quanto a impegno programmatico, oltre che organizzativo.
Dopo il matrimonio finlandese e quello siberiano, è stato manifesto a tutti che L. ed io ci amiamo e che abbiamo deciso di sposarci e vivere insieme. Roma non era solo il terzo (e ultimo) atto di un triplice matrimonio: a Roma giocavo in casa e non volevo (non potevo) semplicemente ripetere con altre parole quelle che era stato già detto. La posta in gioco era diversa: si trattava di svelare il senso della nostra unione.
SENSO è la chiave di lettura del matrimonio romano. Non abbiamo fatto cose memorabili, non abbiamo cercato l'effetto speciale, anzi, abbiamo cercato ovunque la sobrietà: era il SENSO che stava dentro ad ogni azione e ad ogni parola ad essere la fonte di ricchezza e bellezza della giornata (campale, possiamo ben dirlo). Il SENSO è l'ingrediente magico che fa di una buona pietanza un capolavoro del gusto. E sotto i nostri occhi, la giornata è stata un capolavoro di SENSO e tutto si è svolto come doveva, come la dimostrazione di un teorema di geometria.
Il SENSO di questa giornata è personalissimo; è la nostra privata Weltanschauung.
La giornata si componeva di due parti, della cerimonia in chiesa e del banchetto.
Ho organizzato con la massima attenzione la cerimonia religiosa, dalle letture alle musiche (il culmine è stato nel canto al Vangelo, in cui è stato citato quel brano di Matteo che recita "dove due o tre sono riunuti nel mio nome, io sono in mezzo a loro"; oltre che assicurare alla nostra nuova famiglia la presenza fisica di Gesù, ci si riferisce alla crescita della famiglia, a quei "due o tre", cioè a quei due che possono diventare tre); ho insistito affinchè si introducesse nella liturgia un elemento non tradizionale, cioè l'incoronazione degli sposi. Tra l'altro ho scelto la mia semplice chiesa parrocchiale, e non una delle tante stupende chiese (che a Roma non mancano certo), perchè non cercavamo uno splendido sfondo ad un evento (non tollero che il matrimonio venga chiamato "evento"; a parte il fatto che spesso questa parola venga collegata all'aggettivo "mondano", cioè vano, effimero, patinato, "evento" non significa altro che "accidente"; donde si capisce che non tolleri che ci si riferisca al nostro matrimonio come ad un effimero accidente).
La stessa cura è stata messa nell'organizzazione del banchetto (che si è tenuto a Villa Tuscolana, a Frascati). Abbiamo arricchito il pranzo con dei discorsi tenuti in sette lingue differenti: Italiano, Russo, Finlandese, Inglese, Tedesco, Francese e Spagnolo, tenendo conto delle varie nazionalità presenti ai tavoli. Personalmente ho parlato in Italiano, Russo e Finlandese. Qui il compito è stato più facile, perchè non si doveva operare entro la forma fissa della liturgia.
Alla fine sono molto soddisfatto per come sia andata la giornata, sopratutto perchè alcuni ne hanno capito il SENSO che le abbiamo dato.