7 dicembre 2006

La camera di L.

Stamattina mi sono svegliato presto, come al solito, e ho osservato L nel sonno e la sua stanza. Era quel momento in cui la prima luce dissugella le cose dal misterioso forziere della notte.
Di mattina, la luce non batte diretta sulla finestra, ma vi arriva rimbalzando sul muro dal cretoso intonaco giallo della corte interna. Le pesanti tende di velluto marrone, poi, ne trattengono la maggior parte e solo qualche spiraglio negletto filtra. Una volta penetrato dentro la camera, il filo di luce è quasi tutto assorbito dai tappeti e dai velluti e solo una piccola frazione riesce a rifrangersi sulle cornici argentee e dorate dei quadri.
Vige nella camera una luce lattea, morbidissima, indecisa nel dire i contorni delle cose. Cade come zucchero a velo sulle superfici tonde per descrivere delicatissimi chiaroscuri e pare invece ignorare tutte le superfici squadrate e lasciarle nell’anonimato dell’oscurità.
Non posso immaginare più gentile carezza di questo tacito ondeggiare di bambagia sulle nivee forme di L.