27 febbraio 2009

La prova dell'esistenza di Dio e il segreto delle leggi dei mercati

Oggi un post ambiziosetto

1) La prova dell'esistenza di Dio.
Ho la prova inconfutabile della
Sua esistenza!
Metterá d'accordo cattolici ed anglicani, che sfileranno il Primo Maggio per le vie di Belfast bevendo fiumi di birra e sidro!
Si ricrederanno atei, agnostici, rinnegati, spretati, delusi, simoniaci, illuministi, matematici impertinenti, bestemmiatori, indecisi, comunisti (trinariciuti e non), dubbiosi, eretici (in particolare i monofisiti e i nestoriani), revisionisti, negatori dell'Olocausto, panteisti, radical chic e fricchettoni!
Nevica da tre giorni e non é il nostro turno per spalare il parcheggio!
Dio c'é! Giustizia c'é! Distributiva, commutativa e sociale! Fate voi.
Giá gnostici tradizionalisti, che hanno battuto le bancarelle del Lungosenna alla ricerca di introvabili guénoniani, bisbocciano a Oloroso di Jerez dell'87 con rabbini ortodossi nei caffé di le Marais!
Giá Aristotele sussulta di gioia nella sua tomba!
Giá odo i cori festosi dei sindacalisti e dei centri sociali che imboccano la via Cavour dai fori imperiali, mentre Alemanno, er Pecora e Storace, in testa ad una falange di fasci giulivi, li aspettano a piazza della repubblica con petali di rosa e biglietti dell'autobus usati e un gay pride estemporaneo dal Colosseo marcia fino alla basilica di san Giovanni in Laterano per assistere ad una mega Messa in memoria di Jörg Haider accompagnata dai Massive Attack e Gigi d'Alessio!

2) L'andamento dell'economia
Anni fa vidi
π, un bel film americano indipendente, che racconta la storia di un immaginario matematico ebreo newyorkese arrivato a scoprire la legge che regola l'andamento dei titoli di borsa. Siccome questa legge é basata su una sequenza numerica, la scoperta fa gola alla classica multinazionale cattiva e ad un rabbino ultra-ortodosso, che crede che quei numeri siano la sequenza cabbalistica del perduto nome di Dio. Il film termina con un doppio finale: il matematico si suicida o diventa scemo.
Nel film vengono trattati con competenza e chiarezza argomenti complessi come la serie di Fibonacci e lo sviluppo della spirale costruita sulla sezione aurea, argomenti dei quali ho un'ottima cognizione avendoli approfonditi nella mia tesi di laurea insieme ad altri (le proporzioni del pentagono, le relazioni tra spirale e pentagono, i frattali, ecc.; argomenti che mi hanno condotto poi alle discipline esoteriche, ma questa é un'altra storia).
Per farla breve, ho trovato un metodo infallibile per predire l'andamento dell'economia mondiale in relazione all'andamento del prezzo del petrolio! L'aspetto piú stupefacente é che é semplicissimo e non richiede lauree, MBA alla Bocconi, abbonamenti al Sole 24 Ore o l'aver visto Wall Street di Oliver Stone!
Ora vi spiego: il prezzo del diesel, che dipende direttamente dal prezzo del petrolio (fuorché in Italia), varia in progressione perfetta con la quantitá di carburante nel serbatoio della mia macchina! Cioé: non appena il contenuto del serbatoio é inferiore alla metá della sua capienza, il prezzo del diesel (e quindi del petrolio) comincia a salire (e quindi l'economia va in crisi nera, le banche argentine falliscono e si portano nella tomba i risparmi dei lavoratori italiani, le rate del mutuo s'impennano, disoccupati e precari aumentano); il momento peggiore é quando devo fare il pieno: stai sicuro che i prezzi sono schizzati alle stelle (e il mercato globale é a pezzi); appena fatto il pieno, il fenomeno s'inverte: il prezzo del diesel (e quindi del petrolio) cala (e quindi l'economia comincia a riprendersi, segnali di ottimismo dalla banca centrale europea, aumentano i consumi, l'abbondanza di liquido in circolazione permette facile accesso al credito, i tessuti cinesi non fanno piú paura); l'andamento positivo ovviamente dura finché non si supera la metá del serbatoio e tutto ricomincia da capo.
Tutto scientifico! (come il comunismo)

14 febbraio 2009

Livida Berlino - 2

anna_blume_01Abbiamo frequentato piú del solito Prenzlauer Berg, dove vivono molti dei nostri amici russi (di solito bazzichiamo l'Ovest). Mi sono divertito a sentirli discutere animatamente come noi Italiani sulla scelta del posto dove andare a mangiare o a bere.
Ci siamo tornati anche da soli, a Prenzlauer Berg, quando i pomeriggi erano troppo cupi e il vento portava con sè un misto poco intrigante di pioggia, ghiaccio e neve.
Ci é piaciuto piú di tutti Anna Blume, un caffé dal design sobriamente liberty con fioraio annesso (Blume = fiore) sulla Kollwitzstraße.
Il curvo bancone e i lunghi e ondulati divani dalla pelle rossa, specchiati dalla modellatura del controsoffitto, creano calde sinuositá ventrali in cui indugiare a lungo, in cui perdersi in fantasticherie mangiando una succulenta fettona di torta, in cui leggere o chiacchierare o guardare gli altri clienti bevendo un frischer Minztee.
Di primavera o d'estate si puó sedere fuori, godendo della tipica quiete berlinese che spira tra i viali (tanto diversa dallo sterile silenzio di Hki) e del mite solicello.

anna_blume_02Alla nostra destra, manco a farlo apposta, sedeva una studentessa di lingue, che raccontava all'amica finnica del suo studio della lingua finlandese e dei suoi soggiorni in Finlandia. Mi sarebbe tanto piaciuto entrare nella conversazione e dire la mia, ma non mi andava di sporcare l'entusiasmo ingenuo della studentessa.
Alla nostra sinistra sedeva una giovane donna dalla lunga treccia nera, rapita nella conversazione con un uomo di mezz'etá. Ho pensato che la giovane donna fosse una studentessa e il vecchio il suo adorato professore-pigmalione. Lei era troppo felicemente concentrata sul suo interlocutore per poter pensare che questi ne fosse semplicemente il padre. Chissá che l'interesse e l'ammirazione non l'abbiamo spinta a maggiore intimitá con l'uomo. Che mi dava le spalle, onde non potevo coglierne l'espressione, se quella altera di un maestro o quella lubrica di un fauno.
Davanti, ma piú distanti, due anziane signore parlavano sottovoce con gran gesticolare.
Passava qua e lá la giovane cameriera, chiaramente una studentessa, con una smorfia un po' antipatica che le irrigidiva il bel volto.
Non paghi delle lunghe passeggiate, spesso allungavamo volutamente i tragitti in metro per osservare un po' di umanitá varia berlinese.

13 febbraio 2009

Livida Berlino - 1

Abbiamo passato alcuni giorni a Berlino.
Febbraio é forse il mese meno felice per andarsene a spasso (almeno nell'emisfero boreale); va da sé che Berlino c'incanta anche a Febbraio, persino quando é livida (non posso scrivere gelida, venendo da una gelida Helsinki).
Livida come la mattina che ci ha portato a Treptower Park, dove si trova un tempio a cielo aperto, un memoriale alla gloria eterna degli eroi socialisti dell'armata rossa che hanno donato le loro vite per liberare l'umanitá dalla schiavitú fascista (cito a memoria dall'epigrafe russa).
 
treptower park, bassorilievoSebbene io non abbia simpatia alcuna per comunismo, socialismo e sinistra in generale, sebbene il memoriale sia letteralmente farcito di frasi roboanti firmate Iosif Stalin (frasi ripetute a pappagallo per sessant'anni da alti papaveri e da scagnozzi di partito, da demagoghi sindacalisti e da fankazzisti capelloni da centro sociale fino a ridursi a locuzioni retoriche svuotate di ogni reale significato, anche politico oramai; fino a riempirsi di ridicolo in bocca a nani, ballerine, travestiti e telegenici), a Treptower Park si respira fortissimo e vivissimo il fiato greve della tragedia. Della tragedia della guerra.
Il valore politico del memoriale mi sembra passato. Una grande statua in cima ad una tozza torre mostra un soldato che tiene una bambina nel braccio sinistro e una spada reclinata nella destra (mi fa pensare all'angelo che rinfodera la lama sulla sommitá di Castel Sant'Angelo) e che calpesta una svastica spezzata (come Maria la testa del serpente?): ora non ci sono piú svastiche da spezzare, non ci sono piú le schiere hitleriane che invadono la nostra patria socialista (ora abbiamo il nazisionismo e il fascismo islamico), e non ci sono piú liberatori, armate rosse, armate a cavallo (al massimo esportiamo la democrazia o instauriamo la sharia). Il memoriale rimane a dar voce al dolore dell'umanitá ferita dalla guerra, da ogni guerra. Questa voce di dolore, atroce sorda pressione, é ancora viva, ancora lacera i nostri timpani. E nonostante che i Russi arrivassero come liberatori (e ben presto sarebbero rimasti come invasori per cinquant'anni), nonostante l'epos della conquista di Berlino, uscendo dal memoriale di Treptower Park si porta con sé la consapevolezza che la guerra, nessuna guerra é eroica.
 
treptower_parkLo stesso pesante stordimento mi ha colto ai cimiteri alleati di Cassino e alle Fosse Ardeatine.
La visita a Treptower Park ci ha segnato.
Tanto che ci vogliamo tornare in primavera, quando il risveglio della natura dará un profumo di speranza alle nostre meditazioni.
In questi giorni a Berlino c'é la Berlinale. Abbiamo visto un film danese, Lille soldat, di Annette K. Olesen. Il film racconta di Lotte, appena tornata dal servizio militare in Iraq (bella la citazione iniziale da Apocalypse now), di cui non dice niente, ma che certo ha lasciato un segno profondo in lei; senza soldi e lavoro, si vede offrire un posto da autista dal padre, che é stato assente nella vita di Lotte e che ora prospera nel giro della prostituzione. Lotte diventerá l'autista della squillo piú bella e richiesta, la nigeriana Lily. Nel film é descritto l'evolversi del singolare rapporto tra Lotte e Lily, che é anche la donna del padre di Lotte, il suo protettore. Due donne forti, Lotte cancella la propia femminilitá (ma non del tutto), Lily invece la esalta, all'opposto. Non racconto oltre.
Nonostante il tema forte, il film non é retorico o moralistico e, pur con un finale un po' melodrammatico, ti tocca.
Piacevole spizzarsi un po' gli animali da festival: arie impegnate e assorte da intellettuale, barbe incolte, lunghe sciarpe, velluto, baschi di tutte le fogge per tutti i sessi possibili immaginabili; non possono mancare i Giapponesi con la borsa a tracolla della Berlinale.
Nonostante il livido Febbraio, abbiamo fatto lunghe passeggiate in quartieri a noi poco noti: Steglitz e Tempelhof.
Steglitz é un quartiere meridionale. L'ultimo, credo, a una certa densitá prima dei quartieri giardino come Dahlem o Lichterfelde. Ha ancora il carattere herrlich (signorile) di Wilmersdorf o Charlottenburg, con le sue tranquille vie alberate fornite di edifici Gründerzeit. Un centro commerciale appena costruito pare l'abbia scosso dal suo discreto torpore borghese. Un posto dove professionisti vivono, tengono studio e parcheggiano l'Audi.
Tempelhof é piú interessante e (per noi) inaspettato. Il quartiere era fino a poco tempo fa tiranneggiato dall'aeroporto omonino. Ora che l'aeroporto é stato chiuso, si prevede un suo sviluppo, essendo confinante con i trendy (e cari) quartieri di Schöneberg e Kreuzberg. Ancora si respira quasi un'aria di paese, case basse, suono di campane, sebbene Tempelhof sia tutto sommato abbastanza centrale, perché il quartiere é isolato dal resto della cittá da ferrovia e autobahn a ovest e nord, dal vuoto dell'aeroporto a est e da un corso d'acqua a sud.
(continua)

6 febbraio 2009

Di furgoni e passeggiate

Ieri al corso di Russo l'insegnante ci spiegava il significato della parola увлечение (uvlečenie, passione). Ad esempio, mi fa, se tu hai uvlečenie per le belle macchine, ti compri: Ferrari, Ducato... E una delle signore-madri la interrompe aggiungendo: Iaguár (pronuncia russa).
Al sentire Ducato, ho sorriso: certo l'insegnante voleva dire Ducati la moto, e non Ducato il furgone! fiat_ducato
Lí per lí non ci ho badato troppo ed ho continuato a seguire la lezione, ma dopo cinque minuti mi é venuto in mente un garage strafico con una Ferrari, una Lamborghini, una Rolls-Royce, una Iaguár... e un Ducato!
E sono sbottato a ridere. Cosí, di punto in bianco.
L'insegnante, piacevolmente impressa dallo scoppio d'ilaritá, me ne ha chiesto la ragione e quando ha capito che il busillis era l'aver scambiato la Ducati per il Ducato é diventata tutta rossa, nonostante la sollevassi d'ogni responsabilitá per l'oggettiva somiglianza tra Ducati e Ducato.
Dopo il russkij urok, la lezione di Russo, ho un'oretta di buco (come si diceva ai tempi della scuola e dell'uni) dalle sei alle sette, prima che cominci il Deutschkurs.

Di solito, ai tempi dell'uni, l'oretta di buco era l'ideale per una chiacchiera, qualche sigaretta e un caffé (con panna, se girava bene); talvolta questo miscuglio di chiacchiera, sigaretta e caffé consumato ai tavolini del Bar dello Studente (con vista sul Colosseo, mica pizza e fichi!) era cosí avvincente (complice la compagnia di spiriti sopraffini quali er Pinta, er Centallóra, er Tallone e le Quotate Flautiste e galeotto il clima mite romano) che il buco si allargava fino ad inghiottire la lezione successiva, ma questa é un'altra storia!

Eravamo rimasti con questo buco di un'oretta, piacevole chance per un pigro vagolare flâneur.
Meno male che finora il tempo é stato clemente!
Siccome a Hki (e nel resto del granducato) i negozi chiudono alle sei, a parte parrucchieri e supermercati, nel mio passeggiare mi debbo accontentare di vetrine cupamente illuminate, degli sguardi assenti delle sciampiste che frizionano capoccioni di tutte le taglie e del via vai di larve schive con buste della spesa sbiadite. Incontro spesso cani portati a spasso da diafani figuri, mi accorgo all'ultimo istante di gruppi di bambini che giocano nella neve nel piú assoluto silenzio, sorvegliati da genitori mimetizzati nel buio. Dall'odore improvvismo di sigaretta intuisco che mi sta passando vicino qualcuno che fuma.
Sfilano le criniere gialle di stivalate di mezz'etá tutte tacchi e forza, sfilano biondine ricche di modernitá e di giovinezza, maschietti concentrati sulla playlist o sulla frangetta e vecchi professionisti impenetrabili intabarrati disseminatori di figli. Sono a Töölö, zona signorile, quasi europea, e non battuta dalle schiere brute degli alcolizzati.
Incrocio soprattutto donne e non perché l'occhio vede/cerca quello che gli piace, ma perché gli uomini finlandesi campano nel cono d'ombra delle donne finlandesi.
Solo soletto passeggio ruminando i miei pensieri.
Finché il tempo regge.
Quando arriverá il freddo passeró l'oretta di buco leggendo su un divano del centro culturale russo.

4 febbraio 2009

Il centauro

Quando per qualche motivo durante il giorno esco dall'ufficio, spesso trovo all'ingresso di un supermercato un Russo che muove dei burattini al ritmo di rock russo (suonato da uno stereetto scassato).
Un osservatore superficiale penserebbe che i burattini danzino, ma a guardare bene il Russo non fa altro che muoverli su e giú. Lo strepito struggente del rock non fa scopa con lo sguardo assente del burattinaio, perso in chissá quali atarassici mondi, peró fa scopa con la sua aria sdrucita da centauro alto e possente, e soprattutto maledetto. Merito di vecchia bandana, barbone nero e giubbottaccio di pelle.
Peccato che non dia l'idea di avere nemmeno una bicicletta.
Qualche mattina presto, l'ho visto in compagnia di una donna minuta, secchettina; anche lei con l'aria di averne passate tante. Mi sembrava sbronza. E lui l'aiutava ad andare piano piano.
Stamattina dalla finestra invece ho visto lui passare sbronzo e traballante, sorretto da lei.

2 febbraio 2009

La fine della rivoluzione - 2

Partecipo, come sapete, al concorso Blog&Nuvole con il racconto "La fine della rivoluzione".
Questo racconto ha superato la prima selezione ed é stato ammesso tra i 35 che diventeranno fumetti. E ieri anche il fumetto tratto dal mio racconto é stato pubblicato!
Le tavole sono di Michela Lanini.
Michela ha lasciato il mio testo fluttuare come una voce di sottofondo, come un commento orale alle sue forti tavole. Che richiamano gli avanguardisti russi e gli espressionisti tedeschi.


I colori che usa sono il bianco e il rosso scarlatto, che vira in un bruno rossastro, come sangue secco. Pozze di colore in ebollizione primordiale, in lotta titanica. Tra il bianco, i Bianchi, e il rosso, i Rossi.
Le frasi in Russo (alcune: che paura! avanti! non sono solo tra i miei compagni, sapore del sangue in bocca) sono piú che decorazione.
Forse si descrive la genesi cruenta dell'Unione sovietica, forse si descrive uno scontro tra due princípi irriducibili, perché Michela sembra non cercare la fedeltá della rappresentazione storica (infatti sembra ambientata 30 anni dopo la rivoluzione).
Molto bello il Lenin, vivo, che parla alle masse, mentre il mio testo dice di una sua statua quasi stanca, con braccia lungo il corpo.