Il matrimonio romano è quello che mi ha
coinvolto maggiormente; non solo quanto ad emozioni (il "sì" pronunciato
a Espoo, sebbene l'ufficiale
civile paresse la cugina del Grande Puffo, sebbene l'attesa in
anticamera durasse più della cerimonia, sebbene avessi litigato con il
tassista che ci ha portato al Comune, sebbene la giornata fosse fredda e
piovosa e dopo tre passi mi si fossero sporcati i mocassini, ebbene
quel "sì" è stato un'irripetibile scossa di adrenalina mischiata al
suono di un lucchetto che si chiude), ma soprattutto quanto a impegno
programmatico, oltre che organizzativo.
Dopo il matrimonio finlandese e quello siberiano, è
stato manifesto a tutti che L. ed io ci amiamo e che abbiamo deciso
di sposarci e vivere insieme. Roma non era solo il terzo (e ultimo) atto
di un triplice matrimonio: a Roma giocavo in casa e non volevo (non
potevo) semplicemente ripetere con altre parole quelle che era stato già
detto. La posta in gioco era diversa: si trattava di svelare il senso
della nostra unione.
SENSO è la chiave di lettura del matrimonio romano.
Non abbiamo fatto cose memorabili, non abbiamo cercato l'effetto
speciale, anzi, abbiamo cercato ovunque la sobrietà: era il SENSO che
stava dentro ad ogni azione e ad ogni parola ad essere la fonte di
ricchezza e bellezza della giornata (campale, possiamo ben dirlo). Il
SENSO è l'ingrediente magico che fa di una buona pietanza un capolavoro
del gusto. E sotto i nostri occhi, la giornata è stata un capolavoro di
SENSO e tutto si è svolto come doveva, come la dimostrazione di un
teorema di geometria.
Il SENSO di questa giornata è personalissimo; è la nostra privata Weltanschauung.
La giornata si componeva di due parti, della cerimonia in chiesa e del banchetto.
Ho organizzato con la massima attenzione la cerimonia
religiosa, dalle letture alle musiche (il culmine è stato nel canto al
Vangelo, in cui è stato citato quel brano di Matteo che recita "dove due
o tre sono riunuti nel mio nome, io sono in mezzo a loro"; oltre che
assicurare alla nostra nuova famiglia la presenza fisica di Gesù, ci si
riferisce alla crescita della famiglia, a quei "due o tre", cioè a quei
due che possono diventare tre); ho insistito affinchè si introducesse
nella liturgia un elemento non tradizionale, cioè l'incoronazione degli
sposi. Tra l'altro ho scelto la mia semplice chiesa parrocchiale, e non
una delle tante stupende chiese (che a Roma non mancano certo), perchè
non cercavamo uno splendido sfondo ad un evento (non tollero che il
matrimonio venga chiamato "evento"; a parte il fatto che spesso questa
parola venga collegata all'aggettivo "mondano", cioè vano, effimero,
patinato, "evento" non significa altro che "accidente"; donde si capisce
che non tolleri che ci si riferisca al nostro matrimonio come ad un
effimero accidente).
La stessa cura è stata messa nell'organizzazione del
banchetto (che si è tenuto a Villa Tuscolana, a Frascati). Abbiamo
arricchito il pranzo con dei discorsi tenuti in sette lingue differenti:
Italiano, Russo, Finlandese, Inglese, Tedesco, Francese e Spagnolo,
tenendo conto delle varie nazionalità presenti ai tavoli. Personalmente
ho parlato in Italiano, Russo e Finlandese. Qui il compito è stato più
facile, perchè non si doveva operare entro la forma fissa della
liturgia.
Alla fine sono molto soddisfatto per come sia andata
la giornata, sopratutto perchè alcuni ne hanno capito il SENSO che le
abbiamo dato.
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