10 ottobre 2007

Matrimonio romano - 15 Settembre 2007 - 1

Il matrimonio romano è quello che mi ha coinvolto maggiormente; non solo quanto ad emozioni (il "sì" pronunciato a Espoo, sebbene l'ufficiale civile paresse la cugina del Grande Puffo, sebbene l'attesa in anticamera durasse più della cerimonia, sebbene avessi litigato con il tassista che ci ha portato al Comune, sebbene la giornata fosse fredda e piovosa e dopo tre passi mi si fossero sporcati i mocassini, ebbene quel "sì" è stato un'irripetibile scossa di adrenalina mischiata al suono di un lucchetto che si chiude), ma soprattutto quanto a impegno programmatico, oltre che organizzativo.
Dopo il matrimonio finlandese e quello siberiano, è stato manifesto a tutti che L. ed io ci amiamo e che abbiamo deciso di sposarci e vivere insieme. Roma non era solo il terzo (e ultimo) atto di un triplice matrimonio: a Roma giocavo in casa e non volevo (non potevo) semplicemente ripetere con altre parole quelle che era stato già detto. La posta in gioco era diversa: si trattava di svelare il senso della nostra unione.
SENSO è la chiave di lettura del matrimonio romano. Non abbiamo fatto cose memorabili, non abbiamo cercato l'effetto speciale, anzi, abbiamo cercato ovunque la sobrietà: era il SENSO che stava dentro ad ogni azione e ad ogni parola ad essere la fonte di ricchezza e bellezza della giornata (campale, possiamo ben dirlo). Il SENSO è l'ingrediente magico che fa di una buona pietanza un capolavoro del gusto. E sotto i nostri occhi, la giornata è stata un capolavoro di SENSO e tutto si è svolto come doveva, come la dimostrazione di un teorema di geometria.
Il SENSO di questa giornata è personalissimo; è la nostra privata Weltanschauung.
La giornata si componeva di due parti, della cerimonia in chiesa e del banchetto.
Ho organizzato con la massima attenzione la cerimonia religiosa, dalle letture alle musiche (il culmine è stato nel canto al Vangelo, in cui è stato citato quel brano di Matteo che recita "dove due o tre sono riunuti nel mio nome, io sono in mezzo a loro"; oltre che assicurare alla nostra nuova famiglia la presenza fisica di Gesù, ci si riferisce alla crescita della famiglia, a quei "due o tre", cioè a quei due che possono diventare tre); ho insistito affinchè si introducesse nella liturgia un elemento non tradizionale, cioè l'incoronazione degli sposi. Tra l'altro ho scelto la mia semplice chiesa parrocchiale, e non una delle tante stupende chiese (che a Roma non mancano certo), perchè non cercavamo uno splendido sfondo ad un evento (non tollero che il matrimonio venga chiamato "evento"; a parte il fatto che spesso questa parola venga collegata all'aggettivo "mondano", cioè vano, effimero, patinato, "evento" non significa altro che "accidente"; donde si capisce che non tolleri che ci si riferisca al nostro matrimonio come ad un effimero accidente).
La stessa cura è stata messa nell'organizzazione del banchetto (che si è tenuto a Villa Tuscolana, a Frascati). Abbiamo arricchito il pranzo con dei discorsi tenuti in sette lingue differenti: Italiano, Russo, Finlandese, Inglese, Tedesco, Francese e Spagnolo, tenendo conto delle varie nazionalità presenti ai tavoli. Personalmente ho parlato in Italiano, Russo e Finlandese. Qui il compito è stato più facile, perchè non si doveva operare entro la forma fissa della liturgia.
Alla fine sono molto soddisfatto per come sia andata la giornata, sopratutto perchè alcuni ne hanno capito il SENSO che le abbiamo dato.

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