1 febbraio 2007

Viaggio a Palermo (28-31.12.2006)

Insiema a L. presso A. da Palermo, uomo dalla spagnolesca ospitalià e ingegneresco dottorando in una università catalana, ed E., la sua donna andalusa (in valigia anche il Libro di sabbia di Borges e il Viaggio in Italia di Ceronetti, dono gradito di A. da Milano).

Terrasini
Siamo sistemati in un appartamentino fresco fresco di ristrutturazione; paese di mare; odori di gomma e plastica (canotti e secchielli), di frittura di pesce (nuances di limone); luce impietosa e prepotente; una legione di ragazzini si trastulla con delle miccette nel chiasso e sotto il generoso sole di Dicembre; una qualche brava massaia sta preparando delle melanzane al forno, della cui fragranza e la strada e la nostra casa sono invase (mi tornano in mente le estati a Palombara dai nonni, gli odori di cucina e di pulito che traboccavano per le viuzze; esistevano solo vecchi a giocare a carte all’osteria, vecchie a cucinare e bande di ragazzini a giocare per i vicoli; ricordo di maliziosi nascondini notturni).

Palermo
Passeggiata per il centro: panni stesi nei vicoli veleggiano alla brezza e spirano fragranze di bucato; effetto di luce mai visto: sul selciato che sembra tirato a lucido, raggi solari si gettano in massa come una mandria di bufali di cristallo, frantumandosi in tutte le direzioni e spargendo secchiate di luce; il selciato sconnesso pare un mare calmo, i motorini che spariscono dietro una salita paiono bastimenti che si disciolgono nel tramonto.
L’ansia di colore locale si può esaurire nella fruizione di stereotipi.
In viaggio cercare solo quello che si conosce è limitare i propri orizzonti.

Interludio
La notte di Santo Stefano passeggiavo con L. per il centro di Roma. Nei pressi del Pantheon mi sorprese la tautologia che Roma fosse me e che io fossi Roma. Ma un me stesso sepolto, dimenticato, infelice, disperato. Mi turbava e m’infastidiva questo involontario viaggio nel mio passato. Mi sentivo nudo, le mie tristi miserie sotto gli occhi di tutti, soprattutto quelli di L. Mi accorsi poi come le mie miserie fossero visibili solo a me e come tutti vivessero la loro vita senza coscienza. Anzi, come tutti vivessero con la sola coscienza di Roma (la Roma reale, l’esausta e sarcastica ed ingiusta matrigna di donne egoiste e uomini deboli, di raccomandazioni e privilegi), come se Roma fosse l’unico valore e termine di paragone possibile, come se fosse l’unico mondo, l’unico ordine.

Monreale
Appoggiato alla balaustra dell’altare del transetto sinistro, guardo attraverso l’arco che separa il transetto dalla navata sinistra, vedo la fuga di colonne e archi che sostengono il tetto e dividono la navata centrale da quella sinistra; le colonne paiono altissime, gli archi si perdono nella nebulosa dorata dei mosaici; la prospettiva è schiacciata, artificiale; lame di luce malata si alternano ai dorsi tenebrosi delle colonne; pare una tela di Moreau, una pagina orientale di Flaubert.

Santuario di santa Rosalia
Complicato sistema di raccolta delle acque all’interno della grotta, una specie di arborescenza metallica, una specie di sistema sanguigno di cyborg; una vetrina nel negozietto annesso al santuario espone teschi in lucido ottone, sciabole garibaldine e trionfi in argento di arti e occhi e seni per ex voto; se per me il santuario è una grottaccia addobbata con poco gusto (penso soprattutto allo sproporzionato altare che accoglie le spoglie della santa e che ha un non so che di tibetano), L. invece vede nel rapporto tra la chiesetta ricavata dalla grotta e la montagna che la ospita, la rappresentazione del rapporto tra l’uomo e la stichija, parola russa che indica la forza della Natura, contrapposta alla necessaria fragilità dell’uomo e delle sue opere (per i bolscevichi, anche la stichija era un nemico di classe).

Pranzo veloce a casa dei genitori di A. da Palermo (28 Dicembre 2006): arancine con ragù e con prosciutto e mozzarella, panelle, crocchette, caponata (=ambrosia), aringhe e arance, sarde a beccafico, pomodori secchi sott’olio fatti in casa, olive e buccellatini; Corvo e Marsala.

Cena ufficiale a casa dei genitori di A. da Palermo (29 Dicembre 2006):
  • antipasti: jamon serrano (portato da E.), mezzo salmone affumicato a freddo (portato da me da Helsinki), pistacchi del Qatar con sale e limone (portati a Roma da mio padre e a mia volta portati a Palermo), caciocavallo di Ragusa e pomodori secchi sott’olio;
  • primo: involtini di melanzane con spaghetti, pesto e ricotta (=ambrosia);
  • secondo: arrosto di maiale con patate;
  • frutta tropicale (che cresce nel paese natale di E.);
  • dolce: Torta Setteveli, semifreddo al cioccolato dell’ottima pasticceria La Cucinella di Terrasini; panettone con cioccolato bianco e marrons glacés dell’ottima pasticceria La Casa del Dolce di San Brancato (PZ; portato da me);
  • Nero d’Avola.

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