Ci siamo sposati di Mercoledì 27 Giugno 2007.
Giornata grigietta, piovigginosa, freddina.
Arrivo
con A verso le una e mezza di pomeriggio al Maistraatti di Espoo, a
Tapiola. Corro da Stockmann a prendere il bouquet di rose bianche e
rosa (la commessa parla un ottimo italiano con un forte accento
Milanese). Verso le due e mezza arriva L. con un completino color
madreperla (sotto veste una canottina color avorio che la fascia
morbidamente); la accompagnano K (abitino giallo opaco) e S
(abitino di seta cinese rossa e bruna decorata con fiori cucito da lei
stessa).
Ci
tenevo a vedere la mia sposa il più tardi possibile, cercando
un’emozione cerimoniale laddove non ce n’erano. Non sono state nozze
tradizionali queste (tra l'altro io vestivo di nero sebbene fosse di
giorno) e necessariamente sono le meno importanti delle tre.
Verso
le tre saliamo al Maistratti, dopo un po’ di foto fatte per scacciare
il tarlo di un’attesa senza molto pathos. Ci fanno accomodare in un
salottino; mi pare la sala d’attesa di un dentista, mancano solo le
riviste stravecchie. Con qualche minuto di anticipo ci fanno accedere
alla saletta dove un pubblico ufficiale donna ci dichiarerà marito e
moglie.
Il
tempo di sistemare la videocamera e il pubblico ufficiale inizia a
leggere la formula in Inglese. Ha un tono di pomposa benevolenza e un
fortissimo accento finlandese; sento che tratteniamo le risa. Mentre la
donna si rivolge direttamente a me, mi viene il dubbio che le risa che
trattengo siano nervose e non per il suo accento. Quando mi chiede se
voglio prendere in moglie L., mi chiedo a mia volta se devo
rispondere solo YES o più filologicamente YES, I WILL. Non ne ho la più
pallida idea, ma YES mi pare un po’ pochino; inoltre la Y
semiconsonantica ho paura che non stimoli l’uscita della voce e io
voglio essere sentito: decido per YES, I WILL. La mia scelta
condizionerà anche la risposta di L.
La
donna ci invita a scambiarci gli anelli. Quello di L. non entra e
non mi lascio sfuggire l’occasione di passare alla storia con una
battuta in Russo: ty ela carbonara! (ne hai mangiata di carbonara!). Scoppiamo in una risata catartica.
L.
mi mette l’anello al dito (lei, ortodossa, lo porta all’anulare destro e
io, cattolico, all’anulare sinistro) e la cerimonia termina con un
casto bacio sulle labbra. Il pubblico ufficiale mi darà un certificato
di matrimonio che analizzerò con scrupolo burocratico, L. lancerà il
bouquet (che S prenderà) e la finiremo lì: ci è voluto più tempo a
scriverlo che a viverlo.
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