26 agosto 2007

Giovedí 16 Agosto 2007 - MOSCA

Arrivo a Mosca, aeroporto di Šeremet’evo, a mezzogiorno e zero cinque, in perfetto orario. Uscito dall’aereo, mi fiondo al controllo passaporti, che supero prima che si formi la solita fila; i bagagli escono subito, il mio tra i primi.
A prendermi trovo l'autista Jurij; con Jurij c’intendiamo subito e subito scaldo il mio Russo; nell’attesa di C&C (che arriveranno tra due ore e mezza) ci scoliamo qualche birra e programmiamo la giornata.
La giornata è molto calda e il sole picchia.
Alle due e mezza raccolgo C&C dall’uscita passeggeri e li porto alla monovolume e subito partiamo per Mosca.
Sono eccitatissimo: di Mosca ho sentito parlare come di un’idra caotica e tumorale, come di un pazzo bestiario di tutte le possibili diseguaglianze; divoro con gli occhi tutto quello che vedo: le strade a sei o sette corsie intasatissime, la folla inesauribile che traghetta sopra i numerosi ponti pedonali, le tipiche torri residenziali socialiste... Abituato a Helsinki, il cui tessuto urbano è sfilacciato e rado (fatta eccezione per i quarteri di Eira e Töölö), questi monumentali assi viarii arginati da alte muraglie di edifici mi danno finalmente la sensazione di trovarmi in una CITTA’.
A metà strada tra l’aeroporto e il centro, ci aspetta VN, il capo di Jurij, che ci ospita in una berlina, più agevole per il traffico moscovita della monovolume, dove lasciamo armi e bagagli, sotto la custodia di Jurij.
VN ci porta a mangiare in un ottimo ristorante giapponese (la cucina giapponese impazza in Russia). Durante il pranzo parlo un po’ con VN, la sua parlantina sciolta richiede la mia massima attenzione: VN ha l’aria di un tipo sveglio e io voglio che anche lui mi consideri in gamba.
VN è Siberiano, di Tjumen’. Lo dice con orgoglio; si è trasferito a Mosca solo per il biznes. E il biznes gli va bene.
Dopo pranzo VN se ne ritorna al suo biznes e ci affida di nuovo a Jurij. Abbiamo giusto il tempo per fare un salto alla Piazza Rossa. La Piazza Rossa sembra un richiamo per turisti devoti praticanti di luoghi comuni e pii lettori di guide, la vera Mosca non è certo qui. Ripenso al breve tragitto a piedi di poco prima: dalla macchina al ristorante e viceversa in una strada qualsiasi di Mosca: i miei ormoni impazzivano e non solo a causa dell'infinita bellezza delle donne russe: esplodevano in me ricordi dalle letture più disparate, da Dostoevskij a Solženicyn, da Puškin a Nabokov, da Lermontov a Platonov, immagini dai classici del cinema sovietico degli anni ’60-‘80, mi fremeva dentro un’idea irreale di Russia, una cristallizzazione di miraggi d’amore, di memorie di viaggio, di odori, sapori, forme (di donna, d’edifici), d’attimi rubati alla meccanica del vivere.
Facciamo una brevissima visita alla cattedrale del Cristo Salvatore: la cattedrale venne demolita negli anni ’30 per edificare al suo posto un gigantesco centro congressi, di cui furono gettate solo le fondazioni; dopo la guerra dall’area di ricavò una piscina scoperta (infatti nella mia guida di Mosca del ’64 della chiesa non si fa menzione); la cattedrale venne ricostruita poi da El’cyn e in questa cattedrale è stato celebrato il suo funerale.
Si è fatto tardi e dobbiamo tornare all’aeroporto di Šeremet’evo a prendere i miei che arrivano da Roma. Il traffico del pomeriggio è vasto, ma in qualche modo riusciamo a fare in tempo. Il buon Jurij ci porta al terminal nazionale (che dista venti minuti buoni di macchina da quello internazionale); il check in per il volo per Kemerovo è già aperto e facciamo tutte le file (non mi ricordo più quante) fino ad arrivare al ponte d’imbarco. L’anno scorso il ponte d’imbarco era nell’edificio principale e quest’anno si trova in un edificio secondario collegato da un passaggio vetrato. Qui non c’è aria condizionata e il caldo è insopportabile. Una volta imbarcati la situazione non migliora.
Per qualche oscura ragione C&C e io siamo seduti davanti, mentre gli Italiani dietro. Vicino a me siede un ingegnere russo sui quarant’anni, è emigrato in Canada e torna a trovare i suoi per qualche giorno; ha modi molto occidentali. Dopo cena, m’immergo nell’Autunno del medioevo di Huizinga, cercando nella lettura di stemperare l’eccitazione di questa lunga giornata e di trovare il sonno.

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