12 agosto 2008

Rivoluzionaria formula di saluto

Uno dei miei nuovi colleghi é Coreano (non é quello con prole); é ancora studente.
Nato in Corea, cresciuto in Argentina, ora vive in Finlandia e ha un fratello in Nuova Zelanda (ha battuto il precedente record di assurditá che deteneva uno studente conosciuto ad un party: nato a Trinidad y Tobago da genitori indiani ivi emigrati, ora studia in Finlandia).
Insomma, il Corea forse si prende un po' troppa confidenza, distribuisce troppe pacche invece di preoccuparsi della piazza d'armi che gli si sta dissugellando sulla fronte, ma in finale é un bravo pischello; l'altra settimana l'ho salutato con un sonoro: ciao, bello!
Il Corea é rimasto folgorato dal saluto, manco fossimo sulla via di Damasco; mi ha chiesto precisi ragguagli semantico-filologici sulla formula ed é poi passato ad una martellante fase di divulgazione in ufficio.
I colleghi hanno apprezzato questa rivoluzionaria formula di saluto e non la lesinano né a me, né tra di loro. Oggi ne ho trovati quattro, tra cui il Corea, che confabulavano sulla lunghezza dei nomi tailandesi (uno di loro aveva ritagliato dal giornale un annuncio in cui una donna tailandese di 53 kg e dal nome infinito offriva le sue grazie a qualche distintissimo giovanile finalitá matrimonio); poi sono passati a elaborare la rivoluzionaria formula di saluto con il Corea in cattedra che spiegava che alle donne si deve dire ciao, bella! (intraducibile in Finlandese perché non esistono i generi); io mi sono limitato a specificare che il bello sia meglio indirizzarlo ad amici e/o colleghi e non jokaiselle miehelle (ad ogni uomo).

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