Della serie "ieri ho salvato una ragazza da uno stupro selvaggio e sai come? trattenendomi".
Tranquilli, ieri non c'era nessuna ragazza e nessun desiderio che non avesse l'imprimatur vaticano. Epperó mi sono titanicamente trattenuto.
Tranquilli, nemmeno faccio riferimento ad alcun improrogabile e incontenibile diktat intestinale.
Piú che altro sto parlando di un gesto nobile e disinteressato, come quello di non calare il due di briscola quando l'avversario é costretto a scartare un asso bollente, cioé di non approfittare della situazione per trarvi spudoratamente vantaggio. Vivere la convinzione che perdere sia da gentiluomini e vincere da cafoni, che sia piú elegante stare in torto che aver ragione ed esser stronzi (a Roma, saggiamente, la ragione é degli stronzi).
Ma non divaghiamo.
QUANDO: ieri
DOVE: corso di Russo
Si leggeva un racconto di Čehov, in cui alcuni personaggi vengono descritti strafogarsi in una trattoria di Mosca per una colazione alle tre del pomeriggio: gory blinov (montagne di frittelle) spalmate di burro e caviale, bottiglie di vodka, zuppe, etc. Soprattutto quello chiamato hozjain (il padrone) gli dá giú di brutto (e dopo tre ore aveva anche un qualche pranzo ufficiale). Tra l'altro era una tortura indicibile leggere di quell'abbuffata un'oretta-un'oretta e mezzo prima di cena (i miei succhi gastrici facevano scintille).
Insomma, ad un certo punto del racconto uno apostrofa altri come dikary. Ci guardiamo l'un l'altro ignorando il significato di dikary. In realtá non ci guardiamo l'un l'altro, perché i Finlandesi per qualche oscura ragione erano assenti a scuola quando hanno spiegato "condividere i sentimenti"; sono io che guardo gli altri (le signore-madri e l'essere asessuato frangipalle) alla ricerca di un barlume di emozione nelle loro facce (che hanno la rara qualitá di essere flosce e granitiche a un tempo).
L'insegnante che ha l'energia e la comunicativa di un'artista di strada ci viene in soccorso e ci spiega che dikary sono quelli che abitano ad esempio le foreste o luoghi sperduti, vivono allo stato di natura (brillantemente ha descritto lo stato di natura come l'ignoranza del bene e del male) e sono primitivi, belluini: dikary sono i "selvaggi"!
Ed é qui che ho performato lo sforzo titanico, l'epica impresa di trattenermi.
Perché se mi parli di gente che vive nelle foreste, é primitiva e vive allo stato di natura (cioé ha saltato a pie' pari tutto il drammatico percorso della civiltá per ritrovarsi improvvisamente con un Nokia in mano), bé, scusate, ma a me vengono in mente i Finlandesi. Perché la loro semplicitá e il loro essere diretti ad un Europeo possono apparire come patente ferinitá, smaccata rozzezza; soprattutto la loro mancanza totale di background storico li costringe senza redenzione all'ignoranza del conflitto morale che urge nel cuore di ogni uomo civilizzato e, conseguentemente, alla brutale mancanza di qualsiasi profonditá intellettuale.
Semplicemente, non potevo dire quello che pensavo (quella non era la sede adatta).
É stata dura.
Ma ce l'ho fatta
Ho taciuto.
Tranquilli, ieri non c'era nessuna ragazza e nessun desiderio che non avesse l'imprimatur vaticano. Epperó mi sono titanicamente trattenuto.
Tranquilli, nemmeno faccio riferimento ad alcun improrogabile e incontenibile diktat intestinale.
Piú che altro sto parlando di un gesto nobile e disinteressato, come quello di non calare il due di briscola quando l'avversario é costretto a scartare un asso bollente, cioé di non approfittare della situazione per trarvi spudoratamente vantaggio. Vivere la convinzione che perdere sia da gentiluomini e vincere da cafoni, che sia piú elegante stare in torto che aver ragione ed esser stronzi (a Roma, saggiamente, la ragione é degli stronzi).
Ma non divaghiamo.
QUANDO: ieri
DOVE: corso di Russo
Si leggeva un racconto di Čehov, in cui alcuni personaggi vengono descritti strafogarsi in una trattoria di Mosca per una colazione alle tre del pomeriggio: gory blinov (montagne di frittelle) spalmate di burro e caviale, bottiglie di vodka, zuppe, etc. Soprattutto quello chiamato hozjain (il padrone) gli dá giú di brutto (e dopo tre ore aveva anche un qualche pranzo ufficiale). Tra l'altro era una tortura indicibile leggere di quell'abbuffata un'oretta-un'oretta e mezzo prima di cena (i miei succhi gastrici facevano scintille).
Insomma, ad un certo punto del racconto uno apostrofa altri come dikary. Ci guardiamo l'un l'altro ignorando il significato di dikary. In realtá non ci guardiamo l'un l'altro, perché i Finlandesi per qualche oscura ragione erano assenti a scuola quando hanno spiegato "condividere i sentimenti"; sono io che guardo gli altri (le signore-madri e l'essere asessuato frangipalle) alla ricerca di un barlume di emozione nelle loro facce (che hanno la rara qualitá di essere flosce e granitiche a un tempo).
L'insegnante che ha l'energia e la comunicativa di un'artista di strada ci viene in soccorso e ci spiega che dikary sono quelli che abitano ad esempio le foreste o luoghi sperduti, vivono allo stato di natura (brillantemente ha descritto lo stato di natura come l'ignoranza del bene e del male) e sono primitivi, belluini: dikary sono i "selvaggi"!
Ed é qui che ho performato lo sforzo titanico, l'epica impresa di trattenermi.
Perché se mi parli di gente che vive nelle foreste, é primitiva e vive allo stato di natura (cioé ha saltato a pie' pari tutto il drammatico percorso della civiltá per ritrovarsi improvvisamente con un Nokia in mano), bé, scusate, ma a me vengono in mente i Finlandesi. Perché la loro semplicitá e il loro essere diretti ad un Europeo possono apparire come patente ferinitá, smaccata rozzezza; soprattutto la loro mancanza totale di background storico li costringe senza redenzione all'ignoranza del conflitto morale che urge nel cuore di ogni uomo civilizzato e, conseguentemente, alla brutale mancanza di qualsiasi profonditá intellettuale.
Semplicemente, non potevo dire quello che pensavo (quella non era la sede adatta).
É stata dura.
Ma ce l'ho fatta
Ho taciuto.
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