E' passato poco più di un mese da quando ho cominciato il
nuovo lavoro. Tra le altre cose, mi sono studiato un po' i nuovi
colleghi.
La compagnia vanta un'internazionalità che non aveva quella che ho appena lasciato. Abbiamo due Coreani, un Cinese, un Canadese e vari Indiani (selezionati dal branch di Mumbai). Non contando il gran figo italiano appena giunto. L'elemento indigeno rappresenta il 70% circa.
I Coreani sono due studenti di ingegneria meccanica, che mischiano studio e lavoro. Hanno per mito un mio ex collega (un Russo-Finlandese-Francese di madre lingua con moglie coreana). L'ex collega sarà pure un genio della Meccanica del continuo, ma per qualche oscura ragione odia gli Italiani (ed é pure comunista) e mi sta(va) parecchio sulla punta del cosiddetto. Con bel garbo italiano (cosa del tutto sconosciuta all'ex collega), non ho minimamente smontato il mito ai Coreani (del resto sono giovani, un giorno capiranno).
Il Cinese è un essere sfigatissimo. Di quelli pigri, ignoranti, ma presuntuosi e invidiosi. Un collega canadese di solito gli dà ripetizioni di un certo programma e mi diverte come costui pronuncia la parola DRAWING, cioè come "giòin", ma tutta di naso e la ripete spessissimo, fino alla nausea.
La compagnia vanta un'internazionalità che non aveva quella che ho appena lasciato. Abbiamo due Coreani, un Cinese, un Canadese e vari Indiani (selezionati dal branch di Mumbai). Non contando il gran figo italiano appena giunto. L'elemento indigeno rappresenta il 70% circa.
I Coreani sono due studenti di ingegneria meccanica, che mischiano studio e lavoro. Hanno per mito un mio ex collega (un Russo-Finlandese-Francese di madre lingua con moglie coreana). L'ex collega sarà pure un genio della Meccanica del continuo, ma per qualche oscura ragione odia gli Italiani (ed é pure comunista) e mi sta(va) parecchio sulla punta del cosiddetto. Con bel garbo italiano (cosa del tutto sconosciuta all'ex collega), non ho minimamente smontato il mito ai Coreani (del resto sono giovani, un giorno capiranno).
Il Cinese è un essere sfigatissimo. Di quelli pigri, ignoranti, ma presuntuosi e invidiosi. Un collega canadese di solito gli dà ripetizioni di un certo programma e mi diverte come costui pronuncia la parola DRAWING, cioè come "giòin", ma tutta di naso e la ripete spessissimo, fino alla nausea.
Il Canadese è grande e grosso e ha un'aria un po' stolida molto nordamericana.
Per gli Indiani ho un'innata simpatia. I nostri indiani sono molto riservati. Con uno ho parlato un po': vive vicino l'ufficio e va a pranzo a casa; è diventato padre da pochi mesi.
Ma il collega che finora ha soggiogato la mia immaginazione è un Finlandese che in ufficio porta dei vecchissimi zoccoli neri.
Provate a sentire il suono di quegli zoccoli strascicati lungo il corridoio. Se siete cinefili di serie A, vi ricorderete del monologo morettiano sulle calzature alla fine di "Bianca"; se di serie B, vi ricorderete degli zoccoli del coatto Enzo de "Un sacco bello". A me ricordano il passo dei bagnini sui quadrotti di cemento in spiaggia. Mi tornano ogni volta in mente il caldo, la sabbia bollente, i pranzi casarecci nella veranda dello stabilimento tutti ombra, brezza e tovaglie di carta, i pomeriggi passati a giocare a bigliardino (a "biardìno"), i morettoni o i peroncini scolati e le sigarette sturate dopo la giornata in spiaggia (ma questo quando ero già cresciuto e prima di smettere di fumare) e la salsedine, lo iodio, l'odore di pesce fritto e limone, le creme solari, le parole crociate sotto l'ombrellone. Ricordi d'ozio sul litorale romano e di lavoro su quello termolese. Ricordi che mi sembrano lontani più nel tempo, che nello spazio.
Di una dolcezza struggente perchè irraggiungibili.
Ma non ho voglia di fermarmi a ricordare. Voglio fare e costruire ed esplorare ancora.
Per gli Indiani ho un'innata simpatia. I nostri indiani sono molto riservati. Con uno ho parlato un po': vive vicino l'ufficio e va a pranzo a casa; è diventato padre da pochi mesi.
Ma il collega che finora ha soggiogato la mia immaginazione è un Finlandese che in ufficio porta dei vecchissimi zoccoli neri.
Provate a sentire il suono di quegli zoccoli strascicati lungo il corridoio. Se siete cinefili di serie A, vi ricorderete del monologo morettiano sulle calzature alla fine di "Bianca"; se di serie B, vi ricorderete degli zoccoli del coatto Enzo de "Un sacco bello". A me ricordano il passo dei bagnini sui quadrotti di cemento in spiaggia. Mi tornano ogni volta in mente il caldo, la sabbia bollente, i pranzi casarecci nella veranda dello stabilimento tutti ombra, brezza e tovaglie di carta, i pomeriggi passati a giocare a bigliardino (a "biardìno"), i morettoni o i peroncini scolati e le sigarette sturate dopo la giornata in spiaggia (ma questo quando ero già cresciuto e prima di smettere di fumare) e la salsedine, lo iodio, l'odore di pesce fritto e limone, le creme solari, le parole crociate sotto l'ombrellone. Ricordi d'ozio sul litorale romano e di lavoro su quello termolese. Ricordi che mi sembrano lontani più nel tempo, che nello spazio.
Di una dolcezza struggente perchè irraggiungibili.
Ma non ho voglia di fermarmi a ricordare. Voglio fare e costruire ed esplorare ancora.
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